Oggi Matteo Renzi ha illustrato con dovizia di solide argomentazioni come e perché, per contare in politica, sia opportuno, anzi inevitabile, costruire un Partito ben strutturato ed organizzato. Non lo dice solo lui, lo dice anche la Costituzione, all’art. 49: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. I Partiti non sono libere associazioni di persone accomunate da un chissà quale interesse, sono uno strumento fondamentale per “determinare la politica nazionale”. I Partiti non sono onlus, non sono ONG, non sono terzo settore, né sono associazioni ricreative o culturali, non sono bocciofile o filodrammatiche. (anche se di drammi spesso sono intrisi …). Certo, nessuno impedisce ai Partiti di organizzare tornei di bocce, o cineforum, o offrire servizi sociali sul territorio, ma lo scopo principale, statutario, resta quello di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Chiaro, no? Eppure, la ormai lunga campagna, avviata oltre quindici anni fa dal volume proto-grillino “La casta”, campagna tendente a raffigurare la politica come un’associazione a delinquere, pilotata dai più bassi istinti belluini di una casta, appunto, di perversi figuri, tutti dediti al traffico ed al malaffare, oggi risulta sostanzialmente vittoriosa. Le percentuali dei votanti alle elezioni, in costante calo, stanno lì a dimostrarlo, senza possibilità di equivoci. Non che nel 2007, anno di uscita del libro, fossero tutte rose e fiori, e la politica “professionale” fosse un collegio svizzero per educande. Tutt’altro: ma il terreno del populismo fu arato a fondo e seminato per bene, tanto da portarci dal proto-populismo berlusconiano, allora ancora fiorente, a quello dell’esperimento (copyright: Jacopo Iacoboni) dei cinquestelle di Grillo e Casaleggio, esperimento purtroppo ancora in corso pur se agonizzante, e poi al garrulo Papeete di Salvini, infine oggi a Meloni con i suoi improbabili, discutibili e inadeguati boys, e domani chissà a chi altro ancora. Quando si tocca il fondo, si può sempre scavare ancora … Giusto nel 2007 si gettavano le basi per la nascita del Partito Democratico che, nelle intenzioni dei Fondatori, avrebbe dovuto promuovere “la bella politica”, come la chiamava allora Walter Veltroni. Ho già detto la mia su quale nefasta traiettoria abbia portato il Partito a diventare, a partire da subito dopo la sua nascita, “L’anomalia” del sistema, e oggi sia sempre più dilaniato tra opposte tensioni non conciliabili tra di loro. Non mi ripeterò. Ho già detto anche che la mia speranza, forse del tutto vana, risiede nella capacità di iscritti e classe dirigente di fare una buona volta chiarezza ed eventualmente prendere ognuno per la strada più consona al proprio sentire. Vedremo. Nel frattempo c’è vita oltre il PD, nella politica italiana, e deve esserci chi la coltiva, la prepara, la fa crescere, la porta infine all’attenzione ed al giudizio dei cittadini. Per farlo occorre un Partito vero, radicato nei territori, plurale ma omogeneo nei suoi obbiettivi e nelle strategie, un Partito “democratico” trasparente, scalabile, contendibile, dove il leader sia il più capace, il più rappresentativo, ma non diventi un guru con i suoi seguaci. Matteo Renzi, che pure del guru avrebbe tutte le qualità, lo ha spiegato in modo molto convincente, tracciando un percorso che dovrebbe portare, in capo ad un anno, ad un soggetto politico, che non è detto sia Italia Viva, capace di contare, e molto, in ambito europeo. Ha detto, e ripetuto più volte, che prima viene l’interesse del Paese, poi quello della “Ditta”, che il compito va ben oltre quello di raggranellare tessere per acquisire maggioranze e potere. L’ha detto, ripetuto, tutti gli hanno dato ragione, ma adesso viene il difficile: bisogna farlo. E farlo non solo a Roma, ma dappertutto in Italia, dalla Sicilia al Piemonte, dalla Sardegna al Trentino, dai paesetti alle metropoli, dalle scuole alle università, dai quartieri alle grandi realtà produttive, laddove è sempre problematico trovare le persone giuste a cui appoggiarsi, le persone che condividano un progetto e che non siano solo in cerca di un’occupazione nel ramo … Sappiamo tutti quanto siano sempre complesse le realtà locali, e quanto sia difficile trovare l’equilibrio giusto tra la necessaria ricerca dei consensi e l’altrettanto necessaria, indispensabile, credibilità presso gli elettori potenziali. Chiunque ha fatto anche solo un po’ di politica sa bene quanto la credibilità locale di un Partito viaggi sulle gambe delle persone che lo rappresentano, che le realtà della provincia, o anche del quartiere, spesso siano costituite da ripicche, rivalse, gelosie, interessi spiccioli, amicizie, pettegolezzi. Una scelta sbagliata è una pietra tombale sulle velleità di un Partito che sta nascendo (un Partito consolidato gode di una resilienza certamente maggiore). Difficile dare consigli, peraltro non richiesti, se non quello ovvio di non correre solo dietro ai consensi acquisiti o vantati dai singoli. Ad un Partito che nasce in antitesi al populismo serve competenza, autorevolezza, generosità e disponibilità all’ascolto. Personalmente preferirei persone con già un solido background professionale, o con un livello di esperienze anche internazionali, persone con mente aperta e non legate alle beghe locali. Giovani, meno giovani, ma gente che sia disposta a lavorare umilmente con e per gli altri. Gente che sia di esempio a chi intende avvicinarsi al Partito: non importa l’estrazione sociale, importa piuttosto il livello culturale, che non si misura solo in Master fatti, ma in spessore individuale. Le alleanze sono delicate, ma almeno permettono di chiarire i rispettivi ruoli. Le annessioni lo sono ancora di più, oltre ad essere anche soggette alla volubilità dei singoli. L’esperienza con Azione va salvata, va proseguita e sviluppata, anche se la diffidenza generatasi nell’ultimo periodo continuerà a pesare. Io confido nella razionalità dei politici professionisti, ai quali non è permesso lasciarsi sopraffare dagli umori. La posta in gioco è altissima: l’anomalia del PD potrebbe durare ancora molto a lungo e questo rende indispensabile mettere in campo una proposta riformista credibile su tutto il territorio nazionale, credibile ed aperta a possibili sviluppi futuri, oggi forse nemmeno immaginabili. Perché mai sfido il ridicolo con queste raccomandazioni piuttosto scontate e pure banalotte? Lo faccio perché non mi perdonerei mai di non avere fatto sentire la voce, credo non proprio solitaria, di un cittadino che, a oltre settant’anni, ne ha viste “di ogni” ma che pervicacemente continua a credere, contro tutto e tutti, che la politica sia una cosa bella. E non solo a parole … Per il titolo devo un ringraziamento a Ivano Fossati: … La costruzione di un amore spezza le vene delle mani mescola il sangue col sudore, se te ne rimane …
|