Non voglio spararla grossa, giusto “pour épater le bourgeois”, ma nella politica italiana, a mio parere, c’è un’anomalia grande come una casa. Direte voi: ce ne sono tante …! Forse, ma una è davvero enorme, ed è unica nel panorama generale. L’anomalia si chiama Partito Democratico, un’anomalia talmente gigantesca da risultare quasi invisibile, come le scritte sulle mappe dei vecchi atlanti De Agostini, tanto grandi e trasversali da risultare invisibili. Tante parole sono state dette e scritte in proposito, ma ciò che rende il PD così vistosamente anomalo è la sua assoluta indeterminatezza politica. Gli altri partiti, tutti, da sinistra a destra, hanno connotazioni ben riconoscibili, più o meno apprezzabili secondo i gusti, ma riconoscibili. I cinquestelle, populisti pasticcioni ed approssimativi, i sovranisti, duri e puri come i fratelli (e le sorelle) d’Italia, gli ex autonomisti ormai un po’ rintronati della Lega, i vetero conservatori di Forza Italia, sempre più nostalgicamente legati ai trascorsi fasti berlusconiani, anche i riformisti del Terzo Polo che, pur litigando tra di loro, si ritrovano senza problemi su un programma riformista europeo, draghiano, pragmatico e razionale, infine i cespugli vari, con pesi e connotazioni irrilevanti, ma tutte almeno nominalmente definite. Poi c’è il PD, il grande punto interrogativo. Cos’è, cosa rappresenta, com’è composto, dove va, il PD di oggi? Dovrei dire meglio: il PD dal dicembre 2016 in avanti? Sì, perché quella del referendum costituzionale fallito è la data nella quale il Partito si è definitivamente liquefatto: il sogno di Veltroni, e tanti altri con lui e dopo di lui, “evaporato in una nuvola rossa, in una delle molte feritoie della notte”, una nottata che non è mai passata, anzi si è fatta sempre più buia ed impenetrabile. Un Partito nato e basato sulla convinzione di poter finalmente superare le storiche, centenarie, divisioni della sinistra e varare un progetto politico pienamente integrato nella società del nuovo millennio. Non più socialisti, socialdemocratici, liberali, radicali, popolari, federalisti, solidaristi, solo semplicemente “democratici”, aggettivo che tutto comprende, descrivendo l’obbiettivo di una società ad elevata partecipazione popolare, ma libera, giusta, equa e ben temperata, come il clavicembalo di Bach. Poteva parere possibile, perfino maturo … non lo è stato. Inutile ripercorrere tutta la triste storia, cominciata subito dopo il bel 34% del 2008 e proseguita ahimè con una serie impressionante di crudeli e spietati sacrifici umani dei leader che si succedettero. Fino al culmine di Matteo Renzi, il più coerente di tutti con le premesse della fondazione, quello che in quasi tre anni di governo mise mano a tutte le riforme sempre promesse e mai realizzate, incluse quelle costituzionali, sulle quali è stato infine definitivamente impallinato. Il 4 dicembre 2016 si è consumato uno scempio politico mai visto prima, non solo perché fu bocciata una riforma che avrebbe fatto fare un balzo avanti al Paese (questo ovviamente può essere anche opinabile …), quanto perché in quell’occasione un Partito, che per ben 6 (sei) volte aveva votato compatto la riforma in Parlamento, decide (una parte di esso …) di sabotarla nelle urne, pur di liberarsi di un leader inviso e divenuto troppo ingombrante per una casta di maggiorenti insoddisfatti e smaniosi di potere. Lo schifoso voltafaccia, il volgare tradimento, perpetrato da una parte consistente del Partito, resterà come una macchia indelebile sulla storia di quell’esperienza politica, segnandola a morte. Da allora in avanti il PD è diventato l’anomalia che oggi lo rende irriconoscibile, indeterminato, incerto, nebuloso, preda di perenni lotte interne, mai risolte perché irrisolvibili. Dove oggi convivono a stento, facendo finta di collaborare, persone come Schlein, Boccia, Emiliano, Provenzano, Orlando, con sinceri riformisti come Morando, Ceccanti, Tonini (firmatari di un’accorata petizione alla Segretaria), Bonaccini, Guerini, Del Rio, Gori, …, persone del tutto incompatibili, che nulla hanno in comune tra di loro, se non la pervicace e ormai assurda, perfino un po’ patetica, volontà di non riconoscere il fallimento epocale del progetto e trarne le dovute conseguenze. Questa anomalia è il vero macigno che blocca la possibilità di un’alternativa politica credibile a Meloni e i suoi sgarrupati boys. È un intoppo enorme che blocca tutti, mica solo loro … Il problema dell’incompatibilità è del tutto irrisolvibile perché, come dimostrò la triste vicenda della campagna referendaria del 2016, una parte del Partito è pronta e disposta a tutto pur di non lasciare campo alla parte avversa, cioè ai riformisti. Pronta a tutto, capace di tutto, anche di una vigliaccata invereconda come quella (brindare alla sconfitta elettorale del proprio Partito …!). Potete pensare che io stia esagerando: ne avete facoltà, ma per favore soffermatevi un attimo a ragionare, a riconnettere i fili della storia, a ripensare alle mille oscillazioni, ai continui sbandamenti, alle mai chiarite premesse e relativi obbiettivi, dalla seconda segreteria Renzi, poi Zingaretti, fino a quella scialba di Letta ed ora, al culmine della vaghezza, a quella evanescente di Elly Schlein, addirittura eletta dai non-iscritti, visto che gli iscritti avevano scelto Bonaccini (ed è la prima volta che succede …, altra anomalia nell’anomalia). E quindi, dov’è il PD? Qual è quello vero? Cosa vuole? Cosa propone? Che strumenti suggerisce? Che alternativa ha in mente? Chi sapesse rispondere meriterebbe un premio cospicuo. Attenzione però: non cosa vuole Schlein, cosa già molto difficile da capire, ma cosa vuole “il Partito”? Qual è la sua linea? Una sola linea, “la” linea, non mille possibilità da discutere … Cosa ha in mente per riprendersi il potere, strappandolo dalle mani di questa banda di nostalgici incompetenti, vanesi ed attaccati solo alla indubbia verve della loro leader? Questi andranno avanti per altri quattro anni … un’eternità! E nel frattempo? Sarò tranchant, ma prima si risolve l’anomalia, prima si farà chiarezza e si potrà costruire un’alternativa credibile. Illudersi, fare finta che tutto vada bene e che l’unità, la mitica unità sempre declamata e mai attuata, sia garantita, è una chimera, una pietosa menzogna per iscritti ed elettori, una farsa senza più alcun copione, recitata stancamente da soggetti che non si sopportano, non si capiscono, spesso si odiano. Sarebbe davvero molto meglio se tutti i riformisti fossero davvero uniti, senza fare finta di doversi coordinare con chi ha tutt’altra idea della politica. Non voglio essere apodittico, ma sono più di cent’anni che ci si prova, sempre fallendo miseramente. E il Paese ne soffre, restando infine preda dei peggiori avventurieri sulla piazza. Non mi fa affatto piacere constatare un fallimento così grande (io ero uno di quelli che ci aveva creduto …), ma ormai è ora di fare un passo avanti e andare oltre. Massimalisti e riformisti, diciamo così, sia al vertice che alla base, sono in-com-pa-ti-bi-li, come l’acqua e l’olio: ciò non vuol dire che non si possano trovare terreni comuni, ma deve essere tutto chiaro, tutto scritto, come fanno i tedeschi, che sono precisini e hanno già fatto le loro brutte esperienze … La salsa maionese è un’emulsione, ma tutti sappiamo che, senza la cura necessaria, impazzisce. E di maionesi impazzite io (non so voi …) ne ho fatto indigestione.
|