Non ci credete, non è vero niente … non è vero che esiste una Meloni diversa dalla ex-missina della Garbatella che gestisce con serietà e professionalità i rapporti internazionali. È tutta una montatura propagandistica, una fuffa mediatica, uno “spin” diffuso senza ritegno, per dare a tutti noi l’illusione che almeno all’estero Meloni sia diversa da quella che qui si fa consigliare dai vari Donzelli, Lollobrigida, Urso, Fazzolari, e che fa finta di litigare con il truce Salvini (come Sandra e Raimondo …). Meloni all’estero è ancora più pericolosa che in casa: qui almeno ce la vediamo tra di noi! D’altronde, abbiamo visto all’opera Toninelli, Bonafede, Lezzi, Castelli, Taverna, campioni impareggiabili, cosa volete che ci faccia uno come Donzelli? Un baffo, ci fa, un baffo …! All’estero invece Meloni dà il suo meglio, si esibisce sempre in show roboanti, sfoderando tutto il repertorio della sua provincialità sovranista e delle sue peggiori mire politiche. Non fatevi imbrogliare dalla foto mano nella mano con Joe Biden: quella foto è un errore del protocollo, un refuso mediatico, un episodio da non ripetere. E infatti non è stato ripetuto: meglio la pizza, a New York. Non serve un genio della Storia e della Politica per capire che l’Unione Europea nasce intorno a tre Paesi, la Francia, la Germania e l’Italia, che da soli fanno la metà e più di tutta l’Unione, oltre ad averla voluta, fondata, cresciuta, a volte con amore, e a volte anche con un po’ di trascuratezza, come per il fallito referendum in Francia (e in Olanda) sulla Costituzione Europea nel 2005. Hanno fatto la moneta unica, l’hanno difesa dalle speculazioni (grazie Mario, per il whatever it takes!), hanno battuto la pandemia, hanno creato il Next Generation EU con il PNRR, stanno sostenendo le sanzioni alla Russia ed appoggiando con le armi l’Ucraina; insomma, per quanto ancora debole e farraginosa, l’UE esiste e ad essa noi dobbiamo molto, malgrado la precarietà della nostra finanza pubblica e delle nostre strutture statali (l’industria, almeno, si difende). Il cuore della UE batte tra Parigi, Berlino e Roma, geograficamente, politicamente, finanziariamente, culturalmente. È quello il nostro posto storico, lo è sempre stato, dovrebbe esserlo sempre di più. E invece no. Meloni dice no. Quei tre Paesi hanno profonde tradizioni democratiche, segnate sì dalla guerra, ma rafforzate dal dopoguerra, da quasi ottant’anni di pace e di cooperazione sempre crescente: lenta, snervante, ma crescente. E quei Paesi non hanno mai ceduto, nel dopoguerra, all’autoritarismo, al sovranismo, alla chiusura delle frontiere; anzi hanno prodotto più generazioni di giovani che hanno viaggiato, studiato, vissuto come europei, con quei valori e quel modello di vita. Meloni non è di quella pasta lì. Meloni non apprezza il modello europeo, non nutre aspirazioni di maggiore integrazione, di un superiore livello di collaborazione, figuriamoci gli Stati Uniti d’Europa ….! Meloni diffida, Meloni sogna il ripristino della sovranità nazionale, al massimo blandamente confederata con quei grandi Paesi, dai quali vorrebbe solo prendere, senza dare. Meloni sta lavorando per sostituire la centralità di Francia, Germania e Italia con una centralità spostata ad oriente con Ungheria, Polonia, Cechia, Slovacchia, forse Austria, … un gruppo di Paesi di cui forse sogna di assumere la guida egemonica e contrapporla a Francia e Germania, almeno fino a quando, anche lì, i sovranisti come lei non vadano al potere. È un sogno folle, assurdo, che si scontra con la Storia e corre il rischio di ripiombare il Continente indietro di un secolo, in un abisso di particolarismi e irrilevanza strategica. L’occasione è ghiotta: tra otto mesi si vota e, se i Partiti come il suo avessero la maggioranza o quasi in Parlamento, potrebbero condizionare ogni possibile ulteriore sviluppo dell’integrazione europea. A me pare evidente questo disegno malefico: le continue scaramucce con i governi di Francia e Germania sui migranti, sul MES, sul Patto di Stabilità, su banalità come i balneari e i tassisti, la corte spietata alle peggiori destre spagnole e greche (con quelle francesi tratta Salvini), gli amorosi sensi con Orbán, Morawiecki ed il loro codazzo di Paesi sovranisti, tutto converge sul sogno di un’Europa delle sovranità nazionali, centrata su Paesi di cui l’Italia meloniana si candiderebbe ad essere guida. Dopo tutto, perché contendere il primato a Francia e Germania col rischio di essere terzi, quando si può essere primi tra quei Paesi lì? Sbagliano tutto; non ce la faranno mai; Francia e Germania non lo permetteranno …, ma chi lo sa quali sviluppi ci riserva il futuro? Anche da loro le opposizioni sovraniste sono forti e sono in crescita. Ed a giugno 2024 l’occasione sarà ghiotta: un Parlamento spaccato a metà tra partiti “democratici” (ahimè, tutt’altro che coesi) e partiti sovranisti di destra estrema può portare ad una paralisi da cui non si uscirebbe senza danni mortali al processo di integrazione. Tutto fa pensare che questo è il disegno di Meloni e che questo disegno perseguirà fino alle elezioni e oltre. E lì si parrà la nostra “nobilitate” di riformisti democratici europei: o proponiamo e realizziamo una nuova maggioranza solida e ben compatta tra liberali, popolari e socialisti o rischieremo di consegnare l’Europa alle forze che hanno sempre voluto distruggerla. E che alla fine la distruggeranno. Purtroppo la follia della Brexit ci ha dimostrato che è possibile, anche contro tutte le più logiche previsioni, che scenari peraltro improbabili diventino dura realtà. E poi tornare indietro non si può, non si rimette il dentifricio nel tubetto. Questa campagna elettorale rischia di trasformarsi in un inferno: servirà tutta la saggezza europea, tutto il buon senso dei cittadini che confidano in un futuro migliore, per scongiurare i pericoli di disfacimento. Il fatto è che la saggezza latita … Cari riformisti, stampiamoci quella foto del treno di notte bene nella memoria. Ci servirà da guida e ispirazione.
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