Sostiene il solito Michele Serra in una recente Amaca, a partire da un intervento di Gustavo Zagrebelsky, che la nostra Costituzione sarebbe fin troppo avanzata e raffinata per il rozzo e brutale mondo politico italiano e per la società che esso rappresenta. Non la meriteremmo, insomma. Ovviamente scherza, ma fino ad un certo punto … È infatti in voga una sorta di "integralismo costituzionale", un po’ fanatico, in base al quale la Costituzione diventa un feticcio da venerare, osannare e difendere in blocco, come un mito, come un lascito che abbiamo ricevuto e che addirittura non meriteremmo, fino al paradosso di ipotizzarne scherzosamente la sostituzione con una Costituzione B, una Carta dei semplici, più alla portata delle rozze caratteristiche politiche e culturali del Paese. Troppa grazia, insomma! Si fa in proposito tanta retorica, si sparge finta saggezza, si lanciano anatemi e allarmi accorati, pur di non affrontare l'arduo compito di rileggere criticamente il testo della Carta e decidersi a mettere le mani sulle parti che hanno chiaramente fatto il loro tempo. Dopo quasi ottant'anni, nulla rimane uguale, neppure le condizioni, peraltro eccezionali, visto il periodo tragico da cui uscivamo, che portarono alla sua scrittura. Fu un miracolo, ma non per questo deve rimanere cristallizzato per l’eternità, altrimenti diventa un fardello che intralcia lo sviluppo del Paese. Il problema è che per cambiare la Costituzione occorre conoscerla bene, averla analizzata laicamente, interiorizzata e soprattutto occorre non avere paura del futuro perché, per non osare, si resta immobili, privilegiando mezzucci di sostentamento poco edificanti. Occorre quindi sapere e decidere cosa fare, perché “nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa dove andare…”. L’"integralismo costituzionale conservatore" usualmente risponde con la retorica della "Costituzione più bella del mondo", rifiutandosi ad esempio di distinguere tra la prima e la seconda parte, tra i principi fondamentali, davvero pressoché intoccabili (penso ai rapporti Stato-Chiesa, non a caso esclusi dai processi di revisione costituzionale previsti dall’art. 138), e le disposizioni sull’ordinamento della Repubblica. E così ci teniamo la pletoricità di due Camere uguali, che tanto bypassiamo con la solita italica furbizia, approvando le leggi alternativamente in una Camera o nell’altra, ci teniamo il CNEL dell’ineffabile Brunetta, ci teniamo le conflittualità paralizzanti (i poteri “concorrenti”) fra Stato e Regioni del Titolo V, titolo riformato maldestramente dalla sinistra sull'onda di un altro integralismo, quello autonomista, un Premier (che non è un Premier) con poteri poco definiti, l'articolo sui partiti politici mai attuato, come quello sul sindacato, ecc. ecc. ecc. E chi osa parlarne, reclamando attenzione, viene classificato come iconoclasta da parte di una casta di vestali della Costituzione, autonominatasi per meriti supremi. Zagrebelsky e i miei ex-sodali di Libertà & Giustizia, ma non solo loro, sono sempre pronti col ditino alzato ed il convegno innescato. Persino il riformista Napolitano fu brutalmente uccellato, malgrado la durissima reprimenda prodotta in occasione del suo secondo insediamento. Ho detto spesso, e ne sono sempre più convinto, che la sconfitta del 4 dicembre 2016 su una riforma semmai non perfetta, ma coerente e ragionevole, ha avuto il peso che avrebbe avuto un’ipotetica sconfitta della Repubblica il 2 giugno 1946. Sono cose che cambiano la Storia, come i referendum sulla Costituzione Europea, bocciati da Francia e Olanda nel 2005, oppure la nefasta (per i britannici) Brexit, sempre nel 2016 (autentico annus horribilis …, specie se aggiungiamo la ciliegina avvelenata della vittoria di Donald Trump) Disastri mai più sanabili, se non a costo di sforzi inauditi. Classico dentifricio uscito dal tubetto … Per tutto questo non mi va affatto di scherzare sull'argomento ed anche per questo invito gli opinionisti seri a dare un contributo non paradossale ma concreto. Loro hanno i giornali dalla parte della rotativa (si fa per dire ...); noi cittadini possiamo solo commentare, con risultati men che modesti. Nulli. La resistenza al cambiamento trova sempre nuova linfa, nuove motivazioni, nuovi apostoli sempre più integralisti. E infatti di riforme si continua a blaterare senza costrutto, di nuovo con atteggiamenti da Curva Sud invece che con la competenza e la serietà che l’argomento richiederebbe. Ero poco più che ragazzo quando Aldo Bozzi (un vecchio liberale, solidamente antifascista, con una barba risorgimentale) guidò la prima Commissione per la Riforma della seconda parte della Costituzione. Sono passati quarant’anni, sono diventato vecchio e siamo ancora lì. Comincio a convincermi che forse solo una nuova Assemblea Costituente, eletta dal popolo con criteri rigidamente proporzionali, potrebbe venirne a capo. Ci vuole tempo, lo so, ma abbiamo aspettato inutilmente per decenni e intanto siamo riusciti a trasformare la “Costituzione più bella del mondo” in un intralcio allo sviluppo del Paese, un pezzo da museo, custodito sotto vetro, da far vedere ai bambini. Tanto la praticaccia quotidiana è un’altra … Non è un risultato del quale la classe politica possa andare fiera: anzi, è una vergogna nazionale.
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