… ci vuole orecchio … e anche stomaco forte. Ho aperto l’anno patrocinando per l’ennesima volta una causa persa, quella contro l’anonimato sulla rete. L’ho dichiarato subito che era persa in partenza, senza ovviamente prevedere che di lì a breve ci sarebbe scappato il morto. Ma, niente paura, presto parleremo d’altro: guai a disturbare i soloni della rete, coloro che tutto sanno, tutto giudicano, tutto influenzano. I nuovi, veri maître à penser del nostro secolo. Nell’altro secolo avevamo Gramsci, Matteotti, Salvemini, Vittorini, Calamandrei, Croce, oppure Togliatti, Nenni, La Malfa, Moro e Berlinguer, citati alla rinfusa, e ce n’erano altri millanta. Ieri abbiamo sentito una sedicente ”esperta” sostenere con incrollabile sicurezza che l’anonimato in rete c’è perché garantisce la resistenza nei regimi dispotici, come se la resistenza (che peraltro purtroppo non si vede né in Russia, né in Cina, né quasi in ogni dove) contasse sui social, o come se non fossero invece proprio i regimi dispotici quelli che con maggiore spregiudicatezza usano l’anonimato per destabilizzare le già di sé fragili democrazie occidentali. Il film l’abbiamo già visto troppe volte. Poi però dagli stessi “esperti” ti senti anche obbiettare che tanto l’anonimato non esiste e che, volendo, si può risalire a tutti. E allora come la mettiamo con la protezione delle resistenze? Sono tutte balle cosmiche, pur di non cambiare nulla … E poi, sparata la sentenza, nessuno ribatte e si passa oltre, a fare finta di piangere per la morte della signora di Lodi, che chissà perché si è ammazzata, ed a maledire la cattiveria umana, la tracotanza dei “socialisti” (quelli dei social …), la spietatezza del mondo moderno, gli odiatori, il cambiamento climatico, il buco nell’ozono ... Non sto a riepilogare, do per conosciuti i fatti, la surreale, eppur tragica, vicenda che ha investito quel vasto mondo social, ormai onnipresente ed onnipotente, e tutto il paradossale dibattito tra gente che usa il mezzo come una clava, colpisce e viene colpita, odia e viene odiata, si avvita in un gioco perverso, ma mai si ferma a chiedersi che senso abbia tutto questo nella convivenza sociale. A che serve? Aumenta la partecipazione dei cittadini? Libera l’espressione delle menti? Favorisce lo sviluppo della democrazia? Nulla di tutto questo, anche se il mezzo potrebbe farlo. Invece serve solo a dare visibilità a gente che non ha alcun talento per meritarla, non sa gestirla, ma solo si appaga narcisisticamente di un ipotetico potere di influenzare gli altri e glorificare il proprio ego. Ecco, il potere degli “influencer”, nuova razza di semidei senza dignità, di spietati curatori del proprio bieco interesse di accumulare contatti e conseguenti soldi, sulle spalle di un popolo di gonzi, che peraltro è ben disposto a farsi influenzare, scimmiottando a sua volta modelli e linguaggi. È molto triste tutto questo. ed ancora più triste è la soggezione in cui versa la politica, il mondo civile, quello diciamo “normale”, che non osa disturbare il manovratore per paura di passare per “vecchio boomer”, da parruccone d’altri tempi. La modernità è bellissima, il progresso è l’anima dell’umanità, purché impariamo a gestirlo e non ci facciamo invece gestire da esso, o da chi ne usurpa i diritti, usandoli per costituire posizioni dominanti. In questo liquame la brutta politica ci sguazza, mentre la buona politica è timida e si vergogna di andare controcorrente. Vorrei essere smentito ... Ma ormai siamo andati troppo oltre. Temo che non ne verremo fuori e che dovremo adattarci a questa follia da Grande Fratello, che finirà per soffocare le nostre deboli società ancora democratiche, altro che proteggere la resistenza …! Non abbiamo con tutta evidenza la volontà di affrontare il problema, neppure di parlarne. E allora, avanti così, fino al prossimo scandalo, per il quale esprimeremo vibrante indignazione, e poi torneremo tutti alle nostre tastiere. Con un cappuccio in testa …
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