M’hanno rimasto solo …, come Gassman ne “L’audace colpo …”. Lui e Pizzarotti, in realtà, ma il Pizza non pare avere proprio le physique du rôle della colonna portante di un movimento politico: s’è bruciato tutto nell’inceneritore di Parma anni fa, e da lì non è più venuto fuori. Lui, Carlo Calenda, ovviamente, sdegnoso guarda con sussiego, e da lontano, visto che se n’è andato a Kijev per non mettersi in imbarazzo da solo, questi quattro mentecatti di riformisti, liberali e radicali vari, che si spellano le mani per applaudire il diavolo tentatore Matteo Renzi, che ancora una volta è riuscito a stregarli con i suoi magheggi e la sua dialettica infernale. Se lo conoscessero come lo conosce lui … ma come lo conosce lui? Intimamente? Ah, saperlo …! L’hanno rimasto solo … dicevamo, visto che forse nemmeno tutta Azione è disponibile a seguirlo nella implacabile fatwa contro il demonio di Rignano sull’Arno. Vedremo. Certo è che adesso la responsabilità è tutta sua. Il cerino ce l’ha in mano lui e, se non vuole bruciarsi, deve andare fino in fondo e decidere qualcosa. Sabato a Roma quasi tutto un mondo variegato di riformisti s’è ritrovato attorno al progetto di lanciare la lista “per gli Stati Uniti d’Europa”, cosa quanto mai opportuna, e forse anche tardiva, ma comunque il minimo sindacale per proporre una linea politica seria e davvero trasversale, una parola d’ordine piena di significati, sulla quale stanno convergendo i riformisti di tutta Europa, fortunati loro che non sono distratti dalle ossessioni nostrane! Calenda non manda avanti dromedari sauditi e infreddoliti, come i patetici contestatori meloniani, riuniti per accogliere Renzi davanti ad una libreria di Biella, ma scaglia anatemi, rivendicando la purezza adamantina della sua condotta, contrapposta al torbido ricetto di dubbia moralità costituito da ciò che rimane del renzismo. Però adesso deve decidere, lui e non altri. Vuole spaccare i radicali (che peraltro non fanno altro che spaccarsi da cinquant’anni e quindi sono ben preparati)? Forse spaccare pure Azione? Vuole che sulle schede di giugno compaia il paradosso, incomprensibile agli umani, di due liste europeiste, distinte solo dal dromedario saudita? Vuole davvero correre il rischio di fare il 3,9% e perdere tre o quattro parlamentari europei? Vuole che questo rischio lo corrano anche gli odiati amici/nemici cosicché, tutti insieme appassionatamente, ne rinunciamo a dieci, di parlamentari? Vuole dimostrare di essere pronto a condizionare il Parlamento Europeo, privandolo di una rappresentanza italiana forte, da affiancare alle Renew Europe francesi e pure del nord Europa? Vuole che siano i meloniani di ECR la terza forza del Parlamento e non Renew Europe? Vuole davvero sfasciare tutto in nome della sua ossessione quasi patologica per le conferenze di Renzi? La cosa è tanto assurda quanto assolutamente surreale; eppure siamo ancora lì. Nel paese dove interessano più le fantastiche disavventure di Chiara Ferragni e i suoi pandori che il diritto di veto che paralizza la UE, tutto è possibile. E poi ci lamentiamo se passiamo per quelli poco affidabili … Purtroppo dobbiamo aspettare, aspettare e aspettare ancora, e possiamo aspettarci di tutto, sapendo che la cosa più logica è anche la meno probabile. Aspettare Calenda, ma anche Giuseppe Conte, che tiene sulla corda Schlein ed il PD, incapaci di una loro forte posizione autonoma. Aspettare, aspettare, che in politica non è proprio il massimo desiderabile, perché significa dover dipendere da altri, da altre esigenze, da altre volontà e non avere la forza di definire una linea e portarla avanti. Appesi a Calenda e a Conte, per l’Europa e pure per il Piemonte, le cui sorti sono segnate da altrettante piccolezze strategiche nel campo riformista, aspettare che le caselle vadano al loro posto, con il probabile risultato che alla fine le caselle crollino tutte e da questa pochade ne sortisca l’ennesimo disastro. Mentre scrivevo, la Sardegna era ancora in bilico tra un oscuro meloniano, un Sindaco che nella sua Cagliari è stato sonoramente sconfitto, e una altrettanto oscura grillina, imposta da Conte a Schlein. L’unico candidato di prestigio, Renato Soru, era inchiodato sotto il 10%. Chiunque avesse vinto, la stragrande maggioranza dei sardi sarà stata o con la destra melo-salviniana oppure con la sinistra più o meno tradizionale; eppure, con un non entusiasmante 7-8% della sua lista, Conte con i suoi “magnifici ragazzi” aveva imposto candidata e linea ad un timido PD, che ha subìto e quindi perderà, comunque vada. È inutile, non c'è più lavoro, non c'è più decoro, Dio o chi per lui sta cercando di dividerci, di farci del male, di farci annegare. Com'è profondo il mare … Forse l’ho già scritto, ma repetita iuvant. Dopo, a cose fatte, saremo tutti lì a scandagliare il profondo mare delle cause dell’ennesimo disastro della sinistra riformista. Dopo. Prima no. Prima, facciamo finta di non capire, di non vedere, di non sentire. … l’avevo detto io … ma guai a fare la cosa giusta, la più logica, la più diretta, la più comprensibile agli elettori. Il mondo dei riformisti evidentemente non merita di essere rappresentato meglio di così. Quindi, populisti di tutto il mondo, unitevi. Ancora un po’ di pazienza e poi arriva anche il populist-in-chief alla Casa Bianca che, insieme al suo vecchio amicone Vladimiro, stabilirà un nuovo ordine mondiale, che porterà pace e prosperità a tutti. Con buona pace dei dromedari sauditi. P.S.: alla fine ha davvero vinto la candidata di Conte. Che bello, tutti contenti, inflitta una sonora sconfitta alla ducetta, il “campo largo” funziona alla grande, anzi va esportato, come la democrazia di Bush, ovunque, forse anche in Piemonte (ahinoi!). Peccato che da oggi in poi il tenutario di quel “campo” sarà l’avvocato pugliese col suo amico Casalino, ormai sempre più “punto di riferimento fortissimo del progressismo europeo”. Questo ci meritiamo … Lo fermeranno Elly e i suoi solerti strateghi, oppure il nostro invitto e immacolato cavaliere col dromedario?
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