Va be’, in Abruzzo è andata come è andata. Si poteva fare meglio, forse, ma il risultato non è positivo. Ora andiamo avanti. Ma come? Cerco di dirlo in modo molto chiaro: la situazione delle opposizioni è assolutamente insostenibile. Uso il plurale perché le opposizioni oggi sono tante, scollegate e soprattutto irriducibili tra loro. Inutile illudersi: fino a quando non si farà chiarezza su connotati, radici, obbiettivi, strategie, non si andrà da nessuna parte. Inutile pure cianciare di campi larghi, lunghi, giusti, extra-larghi, ristretti, …, tempo perso. Ora le europee sopiranno il problema per un po’ perché permetteranno a tutti di misurarsi singolarmente col proporzionale, ma passeranno anche le europee e in Italia bisognerà ragionare sul futuro, se non vogliamo rimanere nelle mani della destra per vent’anni, come hanno fatto in Inghilterra (ma con una destra più presentabile della nostra). Il PD soprattutto deve fare chiarezza al suo interno. Ci crede davvero in un indistinto campo largo con dentro populisti e massimalisti come Conte e Fratoianni? Con lo spregiudicato opportunismo del primo e l’inconcludenza del secondo? Tutti insieme a litigare su tutto? Atlantisti e non, sviluppisti e non, giustizialisti e non, assistenzialisti e non, si-Tav e no-Tav, ambientalisti ideologici o pragmatici, …? Dopo decenni di tentativi infruttuosi a me pare del tutto evidente che le due anime del PD (in realtà sono di più, ma forse fino a due si riesce a ridurle …) non possono stare più insieme, pena il condannarsi all’irrilevanza ed all’immobilismo. Se prevale l’una, ci si umilia accodandosi al populismo dei 5 stelle, che pretendono l’egemonia assoluta, dovesse prevalere l’altra, troverebbe le barricate della Ditta, che ha già dimostrato di poter far fuori chiunque non sia allineato. È una situazione drammatica che chi conosce almeno un po’ il PD non può in coscienza negare. Io credo sia necessario fare chiarezza: ognuno segua le sue legittime aspirazioni, senza sentirsi costretto dagli altri, con i quali ha davvero poco da spartire. Oggettivamente. Capisco che non sia facile gettare la spugna del partito inclusivo e plurale, della “vocazione maggioritaria” che tanto ci aveva fatto sperare, ma lo stato dei rapporti interni è sotto gli occhi di tutti, mentre la situazione richiede decisione, determinazione, credibilità, e anche un po’ di appeal, che certamente evapora se non si riesce a dare la sensazione di un partito coeso e davvero unitario. Nella storia della sinistra si è sempre ossessivamente parlato di UNITA’, la si è sempre invocata, ma proprio perché non la si è mai raggiunta davvero, forse nemmeno nella lotta partigiana. Sono ancora troppo forti i vincoli ideologici (e i radicamenti di potere…) per poterli superare davvero laicamente, senza retropensieri, senza mugugni, senza malumori. Entrambe le posizioni hanno dignità storica e politica, entrambe riflettono sensibilità e stati d’animo ben presenti nell’elettorato, almeno quello più anziano, ma oggi bisognerebbe presentarsi con un progetto comune, con obbiettivi chiari e riconoscibili, senza le ambiguità che, per esempio, portarono Prodi a presentare un programma di oltre 250 pagine, che durò lo spazio di un mattino, oppure alle contorsioni parlamentari che hanno portato anche di recente a votare contemporaneamente si, no, astensione. In tanti, troppi, si stufano e si disamorano, Il PD o agisce o muore, senza alcuna speranza di resurrezione. Di conseguenza, anche i cosiddetti centristi, ovvero i riformisti che sono già fuori dal PD, devono fare altrettanta chiarezza al loro interno. Oggi sono un indistinto calderone in perenne ebollizione, litigano su tutto, cercano di ostacolarsi, di screditarsi, alcuni odiano altri, si pongono veti molto spesso irragionevoli e pretestuosi, mentre su temi e contenuti di programma le differenze sono sostanzialmente irrilevanti … Un paradosso inaccettabile. Anche i centristi parlano di UNITA’, ma è una chimera ancora più lontana. Ad esempio, sono tutti dichiaratamente favorevoli agli Stati Uniti d’Europa ed a quel che consegue, ma guai a proporre di fare una lista unitaria in tal senso! Si alza Calenda e si nega sdegnato. I radicali come al solito si spaccano in due o tre micro-componenti, Renzi si stufa e parte da solo, gli altri minori guardano smarriti e sgomenti come bambini di una coppia in procinto di scoppiare. A guardarlo da fuori, è davvero un brutto spettacolo. Un brutto spettacolo senza senso. Quasi inverosimile, eppure tragicamente vero. A meno di tre mesi dalle votazioni del 9 giugno non ancora si capisce quante liste europeiste ci saranno sulla scheda: una, due, tre? E come glielo spieghi all’elettore senza fargli venire il mal di testa? Ci stupiamo se ti mandano a quel paese e poi restano a casa? Sono stufo di sentire me stesso ripetere queste cose, da mesi, da anni, …, inutilmente. Serve uno scossone forte, una sveglia, che rimetta tutti con i piedi per terra e con in testa il cappello giusto. Simili con simili. Chiaramente, francamente, senza doppiezze e sottintesi. Senza impuntature irrazionali. I riformisti da una parte, i massimalisti e i populisti da un’altra. Gli atlantisti da una parte, i mondialisti dall’altra. I pragmatici di qua e gli idealisti di là. I garantisti e i giustizialisti. Senza questa chiarezza non si va da nessuna parte, restiamo tutti inchiodati a percentuali insoddisfacenti, risultiamo inconcludenti, ininfluenti come adesso in Abruzzo, mentre Meloni governa con la sua famiglia. Temo tuttavia che l’urgenza di questo chiarimento non sia affatto sentita da chi dovrebbe praticarlo, temo che sia subentrato un paralizzante fatalismo che spinge a disperare. Le vie d’uscita non si vedono o mancano del tutto, ognuno per sé e Dio per tutti. Che tristezza! E non c’è neppure l’ombra di qualcuno che si azzardi a parlare chiaro: tutti danno per scontato che sia inutile, tempo perso, mission impossible. Come i Principi in Turandot, chi prova a risolvere gli enigmi li sbaglia e viene decapitato. Di Calaf nemmeno l’ombra … la maledizione pesa sulla reggia: or son mill’anni e mille. Non trovo una conclusione che dia un minimo di speranza: il gelo resta gelo, altro che foco … Andremo avanti così, verso l’ignoto, proferendo risorse ed energie, sprecando intelligenza contro avversari veri e avversari presunti, nella speranza del solito “io speriamo che me la cavo”. Ma bisogna cavarsela tutti insieme, se vogliamo sperare di sopravvivere, in questo mondo minaccioso.
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