Mi corre l’obbligo, direi anzi il dovere morale, di dare la massima diffusione ad alcuni dati macroeconomici diffusi da Luigi Marattin, deputato e responsabile economico di Italia Viva. Parliamo di spesa pubblica, la fonte è l’ISTAT. Ci si chiede se sia proprio vero che, come sostengono in molti nelle aree populiste associate, l’Italia venga da “30 anni di austerità/liberismo selvaggio”. Si parte dal 1995, per arrivare agli ultimi dati appena pubblicati, relativi al 2023. La spesa pubblica considerata è quella “corrente primaria”, ovvero la spesa pubblica senza gli investimenti e senza gli interessi sul debito, che sono fuori dal controllo del Governo. Dal 1995 ad oggi, quella spesa è aumentata in termini reali, ovvero scontando l’inflazione, del 76,1%, cioè più del 2,6% ogni anno, a fronte di una crescita del PIL reale mediamente pari allo 0,7% annuo. Vale a dire che la spesa corrente primaria è aumentata ad una velocità media annua pari a quasi 4 volte l’aumento del reddito reale. Non è stata colpa degli interessi perché, come detto, da quella spesa sono esclusi. Non è stata colpa degli stipendi, perché in circa 30 anni sono aumentati, sempre in termini reali, del 5,2% (appena lo 0,17% annuo, un dato compatibile con la ben nota, endemica, stagnazione dei salari in Italia). E allora? Due variabili che in quasi 30 anni sono raddoppiate in termini reali, crescendo circa 5 volte più del reddito reale, sono gli acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione, e la spesa sociale. Che cosa ha determinato il raddoppio in termini reali della spesa per acquisti, nonostante i tentativi di centralizzazione? E come è stato possibile raddoppiare, sempre in termini reali, la spesa sociale e al contempo raddoppiare il numero di persone in povertà? Si può parlare di austerità e liberismo selvaggio? Non ci vuole un premio Nobel per capire che lo Stato non spende poco; lo Stato spende male, ma molto male; butta via soldi inutilmente, senza che essi si trasformino in mutate condizioni sociali dei cittadini. Soldi che finiscono in una fittissima ragnatela di fornitori, sotto-fornitori, clientele, usi improduttivi, sprechi, senza migliorare nulla. Si aggiunga la mostruosa e storica evasione fiscale e contributiva (anche se il contrasto piano piano aumenta, grazie agli strumenti messi in atto negli anni delle riforme) e si capisce bene perché questo Paese è imballato da oltre trent’anni. Ma paradossalmente si capisce anche che la situazione non è affatto disperata, perché il Paese non è povero e derelitto come potrebbe sembrare: i soldi girano, male, in nero, in modo disordinato e non produttivo, ma girano. Il motore è come se fosse in folle, fa un gran casino e un gran fumo, ma le ruote girano piano, appena la muovono, la macchina, che invece dovrebbe correre a gran velocità. Una gran velocità peraltro compatibile con il livello industriale, il know-how, il tenore di vita, l’alta immagine che di noi italiani si ha all’estero. E invece piangiamo miseria, andiamo avanti a bonus e sussidi, per giunta realizzati coi piedi, come il reddito di cittadinanza ed il superbonus edilizio, cose che, se realizzate in modo efficiente ed efficace da professionisti veri e non da pericolosi demagoghi populisti, avrebbero potuto anche dare un impulso allo sviluppo del Paese. E invece no: hanno contribuito a creare condizioni di dissesto finanziario, che sarà difficile per chiunque mettere a posto. Servono professionisti bravi e non apprendisti stregoni: inutile fare nomi, ché tanto li conosciamo bene, in entrambe le categorie. Marattin conclude: dal recupero di efficienza (un’efficienza evidentemente del tutto assente finora) in quei due ambiti passa la possibilità di recuperare quei 2-3 punti di avanzo primario che servono a ridurre le tasse e mettere il debito su un sentiero gradualmente discendente. Sembra facile … non lo è: non lo è perché si vuole continuare a mungere la vacca statale oltre ogni limite, foraggiando clientele, corporazioni, amici e sodali, invece di amministrare in modo manageriale. Si vuole continuare ad alimentare la sciatteria, la pelosa lagna delle corporazioni questuanti, l’illusione che basta stampare soldi (cosa che fortunatamente non possiamo più fare …!). Il nostro debito pubblico mangia da solo una ottantina di miliardi all’anno di interessi, soldi che in parte paghiamo ad investitori esteri, che ringraziano, ma che da un momento all’altro potrebbero stufarsi ed indirizzare gli impieghi su altri debitori più solvibili o più generosi di noi, lasciandoci con una bomba innescata che, esplodendo, travolgerebbe tutto il continente. Ovvio che siamo sorvegliati speciali, ovvio che ci tengano d’occhio, ovvio che siano restii a darci altri soldi in prestito. Ovvio anche che ci tengano in una condizione di seconda fascia, mentre avremmo tutti i titoli per essere in pieno nella prima fascia dei Paesi europei, i fondatori della UE, insieme a Germania e Francia. La nostra Presidente all’estero non fa le faccine e le smorfiette che usa fare in casa, ma il mondo è piccolo e nulla sfugge a nessuno. Certe facce stolide di certi suoi ministri non passano di sicuro inosservate, e nemmeno tutte le sue ambiguità irrisolte. Joe Biden cerca di portarla dalla sua parte, separandola dal trumpista Salvini che è in odore di putinismo, ma Biden è un vecchio volpone e sa quello che fa. Detto tra parentesi, Joe Biden, plurisbertucciato dai leoni da tastiera di destra ma anche di sinistra di tutto il mondo, è in assoluto e di gran lunga il politico in carica con maggiore esperienza al mondo. Dal 1972 in poi ha ricoperto tutti i ruoli politici più rilevanti, senza interruzione. Ora sarà anche un po’ lento di riflessi, ma non fa nulla a caso. Non può fare a meno dell’Italia e allora cerca di ammorbidire la destra al governo, separandola dalla sua componente più estremista e pericolosa. Ma non illudiamoci. E non si illuda la destra: gli interessi USA sono sempre i primi ad essere salvaguardati. Meloni non pensi di essere più furba del più furbo e navigato politico sulla faccia della terra. E non si illuda la parte avversa, sinistra o centrosinistra che sia: i nodi economici dell’Italia (l'efficienza della sua macchina statale) dovranno essere sciolti, ci piaccia o meno. Difficile che lo faccia la destra, problematico che lo faccia la sinistra. Forse ci salveranno solo gli Stati Uniti d’Europa, se mai saremo capaci di meritarceli.
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