Arriva il momento in cui bisogna alzare lo sguardo, cercare con insistenza la luna e trascurare le innumerevoli dita che la indicano da molto più in basso. La realtà è asfittica, il Governo farfuglia, si gloria di nulla, fa la vittima, cerca nemici da combattere a favore di telecamera, prova di tutto, e goffamente, per distogliere l’attenzione dalla marginalità nella quale ha fatto piombare il Paese. Le prodi gesta della dirigenza RAI che, per solerte piaggeria ed eccesso di zelo, gonfia dal nulla un odioso caso di censura, del ministro Urso che impedisce all’Alfa Romeo di chiamare Milano un’auto perché fatta in Polonia (come se la Gran Torino di Clint Eastwood fosse uscita da Mirafiori e non da Detroit), del cognato Lollobrigida che vuole il formaggio obbligatorio al ristorante, della Premier-in-capo che insegue le sue verità di comodo su un fantomatico non riscontrabile benessere del Paese, …, insomma tutto il personale politico è impegnato a far dimenticare che intanto abbiamo il deficit peggiore d’Europa e che la Polonia ci ha ormai sostituito nella troika che oggettivamente guida l’Unione Europea. Per non parlare di una opposizione divisa, debole, litigiosa, senza progetti né speranze, tentata dalle facili chimere del populismo e del pacifismo un tanto al chilo …! Nel frattempo, il mondo è scosso da traumi che vanno anche oltre l’Ucraina, la Palestina o l’Iran; tutto il mondo cosiddetto civile attende novembre, facendo scongiuri e gesti apotropaici, sperando che il nuovo kolossal americano “Civil War” (un folle “tutti contro tutti” in una società impazzita, senza senso alcuno) esorcizzi i rischi di dissoluzione del nostro modello di società, che per tanto tempo ci è parso indistruttibile, incontestabile, insostituibile e forse non lo è più. Hollywood ha le antenne dritte e, se illustra una realtà così distopica, è perché la sente nell’aria, ne sente l’odore, sempre più forte, sempre più presente, dopo il 6 gennaio 2021, a Washington DC. Bisogna guardare in alto, dicevo, altro che discutere delle candidature di Meloni o Schlein, o dei cognomi nei simboli elettorali … Avere il coraggio di gettare lo sguardo oltre le miserie del quotidiano chiacchiericcio e provare ad immaginare e progettare un futuro meno cupo e distopico di quello che adesso ci vediamo davanti. Dovrebbero farlo tutti, visto che la società è di tutti, ma pare che i più si accontentino di lamentarsi, di imprecare, di accusare il vicino di banco, manco fossimo alle elementari. Parlando dell’Europa, cosa c’è di meglio che immaginare un gruppo di Stati democratici che collaborano, si aiutano, si impegnano tutti insieme in una competizione con le grandi potenze del pianeta, quelle classiche e quelle emergenti? Perché non attira e non seduce l’idea di stare seduti con autorevolezza ad un tavolo dove già siedono USA, Cina, India, e dove si deve decidere come fronteggiare altre realtà emergenti come l’Africa, il Brasile, per non parlare di una Russia sempre più esasperata e per ciò pericolosissima? Come Europa avremmo delle carte da giocare, malgrado le nostre debolezze croniche, la nostra vecchiezza, la poca dinamicità e flessibilità dei nostri sistemi istituzionali, sociali ed industriali. Ma stentiamo, abbiamo piombo nelle ali e non voliamo: preferiamo la comfort zone delle nostre piccole specifiche realtà nazionali, quando invece potremmo perlomeno imporre il peso del nostro PIL, del nostro welfare, della nostra qualità della vita. Il problema è che le democrazie occidentali hanno in sé i germi della loro potenziale distruzione: non possono evitare che al loro interno si sviluppino i virus maligni del populismo, della demagogia, del sovranismo, infine dell’autoritarismo e persino della violenza. Impedire l’espressione del dissenso organizzato sarebbe ovviamente contrario ai principi ed ai valori fondanti della tolleranza, della libertà, del pluralismo. E così Trump può prendere il potere democraticamente e poi distruggere il sistema che lo ha portato al potere. Successe con Hitler in Germania nel 1933 ed in forme diverse era già successo in Italia nel 1922 (la marcia su Roma fu una burletta orchestrata con il tacito assenso delle istituzioni, putride e conniventi). E allora, come ci possiamo difendere dagli attacchi che si fanno sempre più serrati, sempre più violenti, sempre più pericolosi? Li abbiamo gli anticorpi per difenderci oppure, più prima che poi, le barriere cadranno e ci troveremo in un sistema dichiaratamente illiberale, come quelli delle troppe democrature a noi vicine? Inutile illudersi su miracolistici espedienti istituzionali: se i cittadini di disamorano della democrazia, se si stancano del continuo balletto di responsabilità, dell’inconcludenza, della poca capacità del personale politico, se perdono la fiducia nel progresso e nel miglioramento delle condizioni di vita, chi impedirà che rigettino nei fatti il concetto stesso di democrazia per abbracciare sistemi illiberali? L’unico anticorpo efficace risiede nelle teste dei cittadini che devono, per amore o per convenienza, ritenere la democrazia insostituibile. Oggi non è così e dovunque guardiamo vediamo segni di sfiducia e di imbarbarimento: nella politica, nella informazione, nei social, persino in molti rapporti interpersonali. La morte delle ideologie ha lasciato un vuoto impressionante di idee, di speranza, di fiducia in un mondo migliore, e adesso non sappiamo più in cosa sperare. Ottant’anni di pace nel continente ci hanno illuso che la Storia fosse finita, ma invece no: pare che nemmeno gli orrori delle guerre ci spaventino più. Ci stanchiamo anche del terrore, siamo strapazzati da un turbine di avvenimenti che paiono largamente ingovernabili. In queste situazioni servono i leader, quelli veri, quelli che infondono fiducia perché sanno dove guardare, quelli che appunto mirano alla luna, come Winston Churchill, che nell’ora più buia seppe capire che era in gioco molto di più che territorio, era in gioco un intero sistema di principi e di valori e che non si poteva cercare un accomodamento qualsiasi per andare avanti, perché quello che stava per succedere con il dilagare di Hitler sarebbe stato irreversibile. Il fascismo è nato come alternativa di sistema alla democrazia: o l’uno o l’altra. Non esiste fascismo democratico, né può esistere. Non si sovverte la Storia, per il semplice fatto che è già accaduta e non possiamo cambiarla. Chi non accetta la democrazia è “storicamente” fascista, si chiami o si collochi come vuole, a destra o a sinistra, e ce n’è dappertutto. Democrazia significa rispetto per tutti, uguaglianza, libertà, solidarietà, concetti difficili da sostenere se non ce n’è coscienza da parte dei cittadini. Per questo è così fragile, così delicata, e può essere distrutta dal cinismo, dalla sfiducia, dalla disperazione. Non bastano, anche se servono, le ricorrenze; non basta la nostalgia, la tradizione, la memoria. Serve il progetto, la volontà e la capacità di costruire il futuro. Altrimenti vincono loro …
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