Come diceva il mio illustre conterraneo Ennio Flaiano: “la situazione è grave, ma non è seria”. E come potrebbe esserlo? Si fa fatica a trovare un senso a quello che stiamo vivendo, nella quasi totale indifferenza generale. Manca un mese alle elezioni del Parlamento Europeo, quello di Bruxelles e Strasburgo, e praticamente, salvo una lodevole eccezione di cui parliamo dopo, nessuno si occupa dell’oggetto della votazione, cioè della Unione Europea e del suo futuro, ammesso che ne esista uno … Cosa c’è di serio in un candidato generale, omofobo e sbruffone, che sembra uscito da una pochade d’altri tempi (ricordate il colonnello Andreas Automatikos di “Vogliamo i colonnelli”)? E cosa c’è di serio in una Premier col cappello da bersagliere, una che condannava sdegnata (quelli di destra sono sempre sdegnati, fateci caso, … anche Conte e il M5S, indubbi esponenti di destra, sempre sdegnati e vibranti di rabbia), condannava, dicevo, le “mancette elettorali”, ma ora cerca di spacciarne una pure farlocca, che varrà, forse, una tantum l’anno prossimo, quanto una cena in pizzeria? Cosa c’è di serio, me lo dite? Ed è serio il vezzo diffuso di candidarsi in più collegi per una carica che non si ha intenzione di accettare, solo per misurare il proprio ego e la propria popolarità alle spalle del Parlamento Europeo? E’ una truffa o è una burla? Dicono: ma è normale, sempre accaduto, qui da noi si usa così (parole di Mario Sechi), all’elettorato non importa nulla di chi va in Parlamento. Sarà pure vero ma, se dannatamente lo fosse, che razza di Paese è quello in cui si vota per delle figurine, dei nomi, anche senza i cognomi, per delle facce finte, di bronzo, che poi delegano a sconosciuti un incarico di cui evidentemente non frega niente né a loro né a chi vota bovinamente, senza porsi alcun problema? Ho detto “(b)ovinamente”, insomma in modo passivo, svogliato, distratto, come si risponderebbe ad un sondaggio al telefono sull’uso del detersivo alla lavanda invece che al mughetto. Ma questa è proprio la concezione dell’Europa in capo ai politici ed ai cittadini che li votano così: un orpello, un organismo pletorico, distante, astruso, artificiale, non importante, inutile, buono solo ad occupare gente altrimenti non occupabile, “trombati” insomma. E possiamo aspettarci, da quell’Europa tenuta in così alta considerazione, qualcosa di più che chiacchiere, verbosi regolamenti, vincoli, insomma rotture di scatole a non finire? Certo non ci aspettiamo politica, buona politica … E poi ci lamentiamo dello strapotere degli USA, sempre il Satana preferito da certi sinceri ed accorati democratici della “vera” sinistra, ma anche della Cina, dell’India, e persino della Russia con le pezze al culo, ma dall’aggressione facile? Noi partecipiamo alla gara in ordine sparso, con il Lussemburgo, il Belgio, l’Olanda, la Polonia, l’Ungheria, ma anche con una Germania ed una Francia incapaci di leadership (Macron almeno ci prova …), per non parlare dei nostri prodi sovranisti da operetta, provinciali patetici e ignoranti, preoccupati solo di predicare “meno Europa” e più Nazione! Torno a Flaiano: è serio tutto questo? Ed è serio in questa temperie riproporre senza vergogna un fantasioso referendum sul Jobs Act, ovvero una legge di dieci anni fa, votata da tutto il centrosinistra compatto (per giunta già modificata e adattata da sentenze varie), come se fosse un’emergenza nazionale da risolvere, facendo finta di non conoscere gli innumerevoli ed incontestabili benefici che essa ha portato, proprio nel mondo del lavoro precario (chiedete ad una donna incinta o ad un rider cosa ne pensa …)? Dieci anni fa Matteo Renzi (un altro Satana in un diffuso immaginario popolare …) prendeva in giro certi sindacalisti che, a suo dire, cercavano affannosamente la fessura del gettone nell’IPhone. Fu accusato di vilipendio e lesa maestà, ma oggi è evidente che la banda Landini e Schlein quella fessura la sta ancora cercando …, e non l’ha mai trovata. Pare che a Cupertino, impietositi, nel prossimo IPhone prevederanno un modello apposta, allegro, colorato e semplice da usare, per porre fine a questa disperata e frustrante ricerca … No, non c’è nulla di serio in tutto ciò. Malgrado tutto, il mondo non si ferma a ridere e procede implacabile con tutti i suoi veri e terribili problemi: ma non ditelo a Tajani, a Lollobrigida, a Salvini, e nemmeno alla loro Capa … sono troppo intenti a giocare in famiglia, o ad Elly Schlein, troppo impegnata a distruggere il PD (ormai ce l’ha praticamente fatta …!). In questa idilliaca situazione, uno alla fine potrebbe chiedersi: ma perché andare a votare, l’8 ed il 9 di giugno? Bella domanda. E urge una risposta, seria però. Chiedetevi allora chi sta mettendo l’Europa con i suoi problemi al centro della campagna elettorale, chi si impegna fin dal simbolo a lavorare per un obbiettivo bellissimo e sfidante come gli Stati Uniti d’Europa. Da quasi un secolo uomini e donne di diversissima estrazione ma di particolare apertura mentale sognano il superamento definitivo delle Patrie nazionali europee, per sostituirle con una Patria comune. Gli Stati Uniti d’America sono nati davvero solo dopo il tremendo bagno di sangue della Guerra di Secessione (1861-1865). Qui non è bastato l’incubo della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) per convincerci definitivamente che l’Europa è una sola e che le distinzioni nazionali sono figlie di un mondo che per fortuna non esiste più. Chiedetevi chi mai potrebbe avere nostalgia dei confini, dei passaporti, delle dogane, delle 26 (ventisei!!) monete nazionali con i relativi cambi, chi rinuncerebbe all’Erasmus, o ai programmi di ricerca europei, o alla politica agricola comunitaria. Solo un pazzo potrebbe … eppure … e nessuno si preoccupa di come rendere ancora più efficace l’Unione, di come renderla snella, rapida, incisiva nelle sue decisioni e non appesa ad un assurdo diritto di veto che mette le decisioni di un continente nelle mani di Orban, o di Cipro, o della Slovenia. Gli Stati Uniti d’Europa non sono un sogno, non sono l’utopia, l’obbiettivo bello ma irraggiungibile. Gli Stati Uniti d’Europa devono essere un programma di governo, un progetto con date e verifiche, una realizzazione per i prossimi pochi anni, non per i prossimi tanti decenni, e campa cavallo! L’esercito europeo, una diplomazia davvero comune, un Governo rappresentativo, vanno realizzati adesso; è ora che se ne sente l’urgenza. Domani sarà troppo tardi. Gli Stati Uniti d’Europa sono la ricetta più efficace, l’unica per sbarrare la strada ai sovranisti, ai nazionalisti, ai populisti che ovunque pescano a piene mani nell’ignoranza e nell’accidia di molti cittadini. Il populismo è il peggior nemico del popolo, ma il popolo ama i populisti. Si chiama Sindrome di Stoccolma, è una patologia da curare. E mentre decidete se e per chi votare, diffidate pure di chi va gridando PACE, senza avere la minima idea di come realizzarla, né in Ucraina né in Israele, di chi “basta la parola!” e tutti dicono: bravo! No, non basta la parola, non basta invocare la diplomazia, come se finora il mondo se ne fosse fregato delle guerre in atto. Serve contrastare chi odia il mondo occidentale, le nostre libertà, il nostro stile di vita. Guardate bene: se c’è una cosa che accomuna tutti i pacifisti del sabato pomeriggio è l’astio neanche tanto malcelato verso il mondo occidentale e la democrazia. (Quasi) nessuno lo riconoscerà apertamente, ma tra Russi e Ucraini questi riconoscono le ragioni di Putin, tra israeliani e palestinesi tifano per l’eliminazione radicale dello Stato di Israele (cos’altro significa lo slogan più gettonato: “dal fiume al mare”?). La propaganda anti-occidentale morde, permea, si insinua strisciando, e noi non abbiamo la fermezza per opporci, per condannarla, per bloccarla; quasi ci vergogniamo dei nostri principi e dei nostri valori, forse riconoscendo una supposta superiorità morale a chi chiede la resa dell’Ucraina e la distruzione di Israele in nome di una PACE ipocrita e fasulla. Non c’è PACE sotto le dittature, mai. In un mondo così complicato, dove i problemi sono per davvero difficili, ricordiamoci allora di mandare a Bruxelles gente che sa di cosa parla, e che parla nell’interesse di tutto il nostro Continente. L’8 e il 9 di giugno non si tiene un costosissimo sondaggio elettorale: si elegge per davvero, seriamente, un Parlamento che dovrà fare dell’Unione Europea un soggetto politico mondiale, e non un ricovero di lusso per “trombati”.
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