Fra le tante notizie da cui siamo “raggiunti” quotidianamente (eviterei il termine “bombardati”, perché c’è tanta gente al mondo su cui le bombe purtroppo stanno continuando a cadere per davvero …), quella di un Papa laureato in matematica, oltre che in teologia, è troppo singolare per non ragionarci su: l’hanno già fatto in tanti in questi giorni, però … Un sacerdote, diventato addirittura Papa, vocato anche in discipline scientifiche (la matematica è il linguaggio della scienza), dimostra senza dubbio una particolare apertura mentale, non fosse altro perché testimonia interesse per aspetti che attengono alla pura razionalità la quale, richiedendo sempre e solo dimostrazioni logiche, è ben altro rispetto alla fede, che non ne prevede, per definizione. Sul rapporto tra fede e ragione sono state scritte intere biblioteche, e questo dimostra comunque che esse perlomeno non sono affatto incompatibili: sono entrambe manifestazioni del pensiero umano e quindi possono completarsi a vicenda. La fede non poggia su modelli scientifici, ma trae alimento da un’esigenza, del tutto umana, di dare risposte a domande alle quali la ragione, attraverso il metodo scientifico, non sa ancora rispondere. La ragione usa strumenti logici, matematici, ripetibili, dimostrabili, soprattutto sperimentabili, e ovviamente lascia aperti molti interrogativi, laddove le conoscenze disponibili non sono ancora sufficienti a dare risposte approvabili dal metodo scientifico. La fede per contro dà una risposta senza tentennamenti a domande alle quali per definizione non possiamo dare risposte scientifiche, per prime quelle sul dopo-morte, e non solo, anche quelle sul bene e sul male (per quanto l’Intelligenza Artificiale è e sarà chiamata a provarci). Sono ambiti affatto diversi dell’essere e del pensiero umani, aspetti che possono convivere o meno, a seconda delle esigenze di ogni singola persona. Spesso chi vive nella fede affida ad essa tutte o quasi le risposte di cui ha bisogno, sentendosi appagato dalle indicazioni di comportamento che da essa discendono. Continua però ovviamente ad usufruire di tutto quello che la ragione e la scienza possono mettere a disposizione. Chi si affida alla razionalità spesso non sente il bisogno di altro, cosciente che ciò che non è conoscibile oggi, magari lo sarà tra qualche tempo, o fors’anche mai, ma che comunque l’esperienza umana è tutto quello di cui disponiamo e con quella dobbiamo affrontare tutte le sfide, anche morali, che la vita ci pone: vita e morte, bene e male, da dove veniamo e dove andiamo, … La storia del pensiero dimostra chiaramente che in tempi relativamente brevi (solo qualche secolo) la civiltà umana è passata dal dogmatico, aristotelico, “ipse dixit”, dalla stregoneria e dalla superstizione, alla formulazione delle leggi della relatività e della quantistica. Ora abbiamo modelli che spiegano con ragionevole certezza come è fatta la materia, come è nato l’universo, quali sono le basi della vita, … e ancora tante sono le risposte che ci attendiamo dagli studi e dalle ricerche sempre in corso. Sappiamo che bisogna lavorare e lavorare ancora, senza stancarsi, certi che la conoscenza si amplia di giorno in giorno e che non è possibile porre alcun limite alla conoscenza raggiungibile. I tanti punti ancora aperti e le questioni non risolte costituiscono il programma per dotarsi, in un futuro più o meno prossimo, di strumenti scientifici sempre più adeguati e sofisticati… Un Papa laureato in matematica indubbiamente rivela una predisposizione d’animo non assoluta nei confronti della fede, riconosce l’importanza anche di altri aspetti, la necessità di altri strumenti di indagine della realtà, ferma restando la guida offerta dalla fede in Dio. E pare anche che i primi suoi atti siano assolutamente in linea con questa visione più pragmatica dei problemi, ben distante da alcuni schematismi ideologici del Papa precedente (la NATO che “abbaia” ai confini della Russia fu un’uscita a mio avviso davvero inopportuna oltre che molto arbitraria, tanto più appena a valle dell’aggressione all’Ucraina). Un Papa che ha dimestichezza con il linguaggio e l’analisi matematica ha certamente capacità aggiuntive rispetto a quelle che gli conferiscono la fede ed il suo magistero. D’altronde, a me pare che la fede possa essere di grande aiuto nelle valutazioni di ordine morale e politico-sociale, ma tutti gli atei ed agnostici del mondo dimostrano come essa non sia indispensabile. Per distinguere il bene dal male, è sufficiente "il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me" (Emmanuel Kant). La razionalità, invece, non è sostituibile con null’altro nel raffrontarsi con le esigenze dell’esistenza. La fede non produce vaccini o computer, la scienza sì. La fede non negozia trattati tra potenze, la politica sì. E sappiamo quanto sia arduo trattare con quelle tante teocrazie che ancora usano la fede come una clava, usandola come esclusivo riferimento nella gestione del potere terreno. Per millenni la razionalità, o meglio la conoscenza tutta, è stata dominio esclusivo delle élite, dei sapienti, dei filosofi, anche del clero, che anzi ne era spesso l’unico depositario, piegandola alle esigenze della fede. Per le masse c’erano solo i miti degli dèi e, nelle religioni monoteiste, appunto la fede in Dio. Oggi, una più ampia diffusione della conoscenza mette a disposizione di molti, teoricamente di tutti, gli strumenti necessari ad affrontare le esigenze poste dall’esistenza e dalla relazione con gli altri esseri umani ed è quindi la razionalità ad essere diventata centrale, continuamente sviluppata, curata, accresciuta, approfondita. La fede, per chi ne è dotato, risponde e risponderà sempre a particolari, seppur importantissime, esigenze psicologiche personali e aiuterà nei rapporti sociali dell’individuo. Mi conforta molto quindi sapere che il Papa consideri fede e ragione due aspetti non in competizione ma ognuno pienamente utilizzabile nel proprio ambito. Mi pare che oggi la Chiesa, nella sua millenaria saggezza, abbia bene interpretato il senso della nostra era e si sia dotata di un capo pienamente calato nel mondo moderno. D’altronde, il nome Leone quattordici si richiama esplicitamente al precedente Leone tredici, che per primo, a fine Ottocento (enciclica Rerum Novarum – 1891), aprì la dottrina della Chiesa alle nuove esigenze sociali, così profondamente mutate dalla galoppante Rivoluzione Industriale. E di nuovo, l’insistenza con la quale oggi Leone XIV ha messo da subito le problematiche connesse con l’Intelligenza Artificiale al centro della sua attenzione testimonia quanto per lui fede e ragione siano strumenti destinati a completarsi a vicenda piuttosto che a scontrarsi, come è purtroppo avvenuto, ed anche violentemente, per secoli e secoli. La scienza tutta, ed in particolare il vasto mondo dei non credenti, forse hanno finalmente trovato un interlocutore all’altezza dei tempi. Questo è un auspicio laico, razionale, ma sentito.
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