Sono passati ottant’anni dal giorno in cui il mondo, non ancora del tutto uscito da una guerra devastante che, in quasi sei anni, aveva ucciso oltre sessanta milioni di persone (sessanta milioni … tutta la popolazione dell’Italia di oggi), ha dovuto prendere atto che qualcosa era cambiato in modo radicale e definitivo. Le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki furono il terribile suggello alla follia della guerra più cruenta e più crudele di sempre, un abisso di atrocità mai sperimentato in decine di migliaia di anni di evoluzione umana. Eppure, malgrado la ricorrenza abbia il suo indubbio valore simbolico, sarebbe a mio avviso sbagliato caricare quella data, e quegli atti specifici, di significati impropri. Non sembri cinico ricordare come la bomba atomica era nell’ordine delle cose già da parecchi anni, fin da quando la fisica (o meglio, i fisici, uomini e donne senzienti e molto curiosi …) aveva scoperto quanta energia fosse contenuta nella materia e quanto facile (o almeno non così difficile!) fosse estrarla. Nessuna volontà di potenza, né crudeltà, né tantomeno un istinto distruttivo o chissà quale perversione mentale congenita. Semplicemente la curiosità, caratteristica da sempre presente e dominante nella mente degli esseri umani, munita degli strumenti razionali della scienza (disponibili da nemmeno tre secoli: Spinoza, Galileo, Newton, …); finalmente la natura cominciava a rivelare sistematicamente le sue leggi, le sue caratteristiche, il suo funzionamento. Da quando fu chiaro che energia e massa sono strettamente collegate, da quando i costituenti di base della materia sono diventati sempre più conosciuti e manovrabili, da allora, e non dall’agosto di ottant’anni fa, la possibilità di costruire una bomba (e non solo una bomba) diventò reale e concreta. E quando qualcosa diventa possibile, prima o poi qualcuno la realizza. Nulla può impedirlo. Se l’umanità si è evoluta dalle caverne ad oggi, è perché ha realizzato ciò che diventava via via possibile, indipendentemente dalle conseguenze che le realizzazioni potessero portare. È stato così per l’aratro in ferro, la polvere da sparo, le macchine a vapore, l’elettricità, le telecomunicazioni, l’informatica, oggi l’intelligenza artificiale … Certo, quello atomico è stato un salto molto cospicuo e carico di conseguenze, ma è davvero ingenuo concentrare l’attenzione solo su Hiroshima e Nagasaki. La guerra aveva già provocato decine di milioni di morti, aveva già perpetrato il genocidio degli Ebrei, la distruzione di intere nazioni, entrambi i fronti erano ben consapevoli della possibilità di realizzare un’arma micidiale sulla base delle conoscenze acquisite ed in via di acquisizione, la competizione era aperta, e poco importa che sul lato tedesco le strada seguita (peraltro con non troppa convinzione) si sarebbe rivelata (a posteriori e per somma fortuna) senza sbocchi. Un nazismo vincitore con l’atomica a disposizione sarebbe stato un incubo agghiacciante. Tedeschi o alleati, comunque la fisica è una sola, la stessa per tutti, non ha colore politico. I fisici ricercano e gli ingegneri fanno quello che è possibile fare con le conoscenze acquisite. Al momento c’era una gara che nessuno voleva perdere, perché nessuno vuole mai perdere una guerra, specie se sono in gioco il dominio del mondo e le basi della civiltà. Si può discutere a lungo sui dettagli (terribili, ma pur sempre dettagli) dell’uso dell’arma atomica, ma la realtà era che, dopo sei anni di guerra, chi stava vincendo voleva farla finita ad ogni costo. Hiroshima e Nagasaki furono solo gli sfortunati ultimi obbiettivi a pagare la follia della guerra. Come prima Dresda, Coventry, Londra, Norimberga, Stalingrado, tutta l’Europa già in macerie. Ed anche quasi tutto il Giappone. La guerra è guerra, "anche se fa male …”, ed è inutile invocare supposti crimini di guerra. La guerra è un crimine in sé, anche se è l’attività alla quale l’essere umano si è dedicato con maggiore assiduità fin dall’origine della civiltà. Ma era e resta un crimine. Sempre, anche se a volte diventa inevitabile, quando si subiscono, come oggi in Ucraina, prevaricazione, aggressione, o soppressione dei principi fondamentali della società civile. La guerra è un tragico gioco in cui nessuno vuole perdere. “L’unica mossa vincente è non giocare”, concludeva il vecchio film “War Games”, nel 1983. O meglio, secondo John Nash: “l'equilibrio c'è quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento. Per cambiare occorre agire insieme.” Funziona in molti ambiti, ma la brutalità cieca della guerra rende spesso i principi inapplicabili: succede quello che succede e non si torna mai indietro. Quel tornante terribile di ottant’anni fa era entrato nell’ordine delle cose possibili e fu affrontato in modo tragicamente coerente con la temperie di quegli anni. E quello che è venuto dopo è stata solo la logica conseguenza, di nuovo pressoché inevitabile. La bomba all’idrogeno, molto più potente, l’interminabile guerra fredda, l’equilibrio del terrore, i trattati stipulati, ottant’anni in cui il mondo ha dovuto prendere atto di quell’evoluzione/rivoluzione ed ha dovuto imparare a gestirla, perché non c’è altra strada che imparare a gestire quello che accade sotto la spinta dei più primordiali istinti umani: e la curiosità, molla della scienza, è uno di questi. Io credo che il miglior modo per onorare i tanti milioni di morti, dalla Polonia del settembre 1939 a Nagasaki dell’agosto 1945 sia, per quanto difficile, impegnarsi a risolvere le controversie in modo pacifico, come prescrive la nostra Costituzione, a rispettarsi a vicenda, e tutti insieme a fornire un quadro di riferimento morale alla scienza, sapendo che comunque questa non si fermerà mai davanti a nulla. La scienza è umana e gli esseri umani devono imparare a gestirla. Se non se ne dimostrano capaci, l’arma atomica fornisce loro la possibilità di avviarsi sulla via dell’estinzione. D’altronde, nulla è eterno, neanche l’umanità. La natura può decidere di distruggerci in qualunque momento, mandandoci addosso un meteorite come quello di 65 milioni di anni fa o con chissà quale altro cataclisma; l’umanità, che è parte della natura, ha anch’essa uguale potere di distruggere tutto quanto ha creato. Inutile illuderci, viviamo in un universo spietato e pericoloso: noi umani possiamo scegliere di adattarci sviluppandoci in pace o possiamo contribuire alla nostra distruzione. Dipende solo da noi. Per il resto dell’universo siamo polvere irrilevante. “Bomba sei crudele come l’uomo ti fa e non sei più crudele del cancro …” (Gregory Corso, 1958).
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