Che il mondo sia cambiato nell’ultima decina d’anni mi pare dovrebbe essere chiaro anche ai ciechi. Eppure, eppure, la politica è piena di (finti) ciechi che non vogliono vedere ciò che è evidente e soprattutto si rifiutano di pensare a come fronteggiare la nuova situazione che si è andata creando. E non parlo solo di Trump, anche se oggi è lui il principale motore e promotore di questo mutamento, fonte di destabilizzazione globale; parlo dell’evidente progressiva affermazione di un nuovo equilibrio, non più basato sulla forza del mercato, della finanza, della tecnologia, della cultura. No, il nuovo equilibrio è tornato ad essere basato, come d’altronde quasi sempre nella storia che credevamo passata, esclusivamente sul potere militare, sulla forza bruta, sul ricatto, sulla prevaricazione di chi ha il potere di sfidare chiunque a metterglisi contro. Vale per la nuova America di Trump, che ormai non ha più maschere da gettare, avendole disvelate tutte, vale per l’aggressività e l’espansionismo dei russi, vale per la Cina, tradizionalmente un Paese pacifico, che però oggi espone con baldanza la sua potenza in parate degne dell’URSS di Breznev, vale anche per l’India che, pur essendo una decente democrazia, ha comunque necessità di mettersi in prima fila con il suo miliardo e mezzo di cittadini ed il suo PIL in forte crescita. E poi ci sono la Turchia, la Bielorussia, la Serbia, la Nord-Corea e le “quinte colonne europee”, ungheresi, slovacchi, ... Stiamo parlano di ben più della metà della popolazione della Terra e quasi due terzi del PIL globale. Cioè, tutto il mondo che ha una qualche rilevanza, tutti convinti rappresentanti del nuovo ordine basato sulla forza bruta, sulla prepotenza, sugli eserciti e non sul libero mercato. O meglio, questi usano il mercato senza regole come clava per imporre la propria prepotenza. I dazi di Trump, macroscopica negazione del libero mercato, ne sono la palmare evidenza. In quell’elenco di autocrazie più o meno spinte c’è per ora (fortunatamente e non si sa fino a quando) un grosso buco: manca solo l’Europa, l’Unione Europea, che farebbe quasi il 20% del PIL globale con solo il 5% della popolazione. Niente male, se presa tutta insieme …! Peccato che tutta insieme non è, e temo che non lo sarà, almeno ancora per un po’. Non sembrerebbe difficile capire che in questo ambiente così polarizzato, e così pericoloso, guardarsi in cagnesco e con diffidenza tra francesi, italiani, tedeschi, olandesi, spagnoli, … non pare essere una strategia molto intelligente. Ma tant’è. La paura di lasciare territori politici conosciuti, di avventurarsi in lande ancora tutte da scoprire, terrorizza le classi dirigenti europee rendendole inerti, abuliche, quasi decerebrate. Intontite, insomma. E dire che non mancano quelli svegli, accorti, quelli che guardano più lontano, che si sgolano a sollecitare chi oggi è al potere a lasciarsi indietro remore e paure, e proiettarsi verso una nuova realtà che veda l’Unione Europea, o almeno la parte più importante di essa, al livello dei giganti che ho nominato prima. E con in più la primazia della civiltà democratica, solidale, basata sul confronto pacifico. Davvero qualcuno dei leader europei pensa di cavarsela con un più o meno esplicito vassallaggio ad uno dei potenti sulla piazza? Siano gli USA, sia la Cina o l’India, o men che meno la Russia, perché mai dovrebbero offrire protezione, se non in cambio di una chiara cessione di sovranità? Qualcuno pensa che un tipino come Trump abbia in testa altro che non sia il suo interesse personale, il suo spropositato “ego”, la volontà di avere intorno una corte obbediente di servi e non Paesi liberi, a cominciare dal suo? Cosa dobbiamo vedere ancora, l’esercito nelle strade di Chicago, o di New York? O l’abolizione dei diritti costituzionali? Lo vedremo presto, temo. E allora? Trump purtroppo è un problema dei cittadini americani, che dovrebbero svegliarsi dall’anestesia e correre quanto prima ai ripari, se ancora hanno a cuore un’America libera. Speriamo che trovino la forza, ma certamente non li aiuterebbe un’Europa appecoronata sulle follie autoritarie del loro Presidente. Li aiuterebbe invece un’Europa forte, che resiste e impone la supremazia delle sue caratteristiche peculiari: la cultura, la scienza, la tecnologia, la creatività, il welfare, un grande mercato ricco, ed anche una capacità di difesa consistente e coerente con il suo posto nel mondo. Ma non è così: le pur tante voci autorevoli che incitano, spingono, offrono soluzioni, sono tenute ai margini, voci nel deserto, anche se si tratta di personalità di assoluto rilievo, a cominciare da Mario Draghi, cui tutti dicono bravo, ma non di più. La costruzione europea non regge più. È palesemente inadeguata ai tempi, richiede urgenti interventi profondi e mirati, interventi che peraltro tutti conoscono bene. Abolizione del diritto di veto, semplificazione delle cariche (un solo Presidente, possibilmente eletto, di Commissione e Consiglio), unione bancaria, difesa comune, sicurezza comune, sono tutte proposte sul tavolo da anni e lì restano, perché nessuno si prende la responsabilità di provare ad attuarle. Ognuno pensa solo a cosa potrebbe nuocere o giovare al suo Paese (ed al suo status personale) e così restiamo tutti fermi, paralizzati davanti a chi ci attacca senza esclusione di colpi, sia la Russia con le bombe o gli USA con i dazi. Si procede per emergenze: dopo l’efficace azione comune contro il Covid, molti pensavano che ormai fosse fatta, che la strada fosse spianata. Macché! Si è approvato un folle e masochistico “green deal” per accontentare i ragazzini di Greta Thunberg, ma massacrando l’industria europea e aprendo autostrade a quella cinese. I grandi della politica non hanno osato fare gli adulti responsabili e hanno seguito pedissequamente la moda del momento a caccia di ipotetici voti, salvo rendersi conto, subito dopo, del pasticcio e brigare per rimediare. Troppo tardi! È populismo in purezza! L’Europa è ripiombata in catalessi sotto le bordate del pirata Trump, che si appresta all’arrembaggio. Questo Parlamento e questa Commissione hanno ancora quattro anni di vita, quanto basta per distruggere tutte le prospettive dell’Unione, se non si prendono provvedimenti. Ma chi li prende? Macron è in bilico per l’incoscienza infantile della maggioranza dei francesi, illusi e abbagliati dagli opposti populismi di Mélenchon e Le Pen, Merz è insidiato da una destra chiaramente anti-democratica, la Polonia è spaccata tra città progressiste e campagne bigotte, l’Italia, che passa per quella stabile, è immobile nelle mani di una classe dirigente incapace, anti-europea e filo-trumpiana, Spagna e Portogallo hanno Governi di minoranza, anche il Regno Unito, malgrado i pregevoli sforzi di Starmer per riavvicinarsi all’Europa, è in gravi difficoltà per la sciaguratezza di alcuni suoi Ministri e per gli attacchi del ciarlatano Farage, l’Ungheria e la Slovacchia sono ormai stabilmente nel campo opposto, l’Olanda è già andata a destra, i Paesi Baltici e la Finlandia sentono i Russi alle porte, … chi dovrebbe reagire? La Commissione ha pochi poteri e nessuna strategia, Ursula non ha il passo dei grandi leader, non è Kohl, non è Merkel, non è Delors e nemmeno Prodi, il Parlamento Europeo non conta nulla, il Consiglio è paralizzato dal diritto di veto. Fino a quando qualcuno (ma chi?) non suonerà la sveglia, temo che continueremo ad avvitarci in una spirale di inconcludenza senza fine. Qui da noi preferiamo azzuffarci su De Luca e Fico, su Decaro e Vendola, su Tridico e la famosa professoressa Di Cesare (oggesù!) immalinconita dalla morte dei brigatisti rossi, su Zaia e chissà chi. Tutto come se non ci fosse altro al mondo. Ci sarebbe la frusta allegoria dell’orchestrina del Titanic, ma non si può più sentire … Non voglio passare per menagramo, ma temo che solo un violento schiaffone (spero solo metaforico) possa risvegliare le coscienze e rimetterci su una via, difficile ma promettente, di riforme. Non so se lo schiaffone possa arrivare dall’esterno o dall’interno, ma è quello che serve. Questo è il momento. È già da un po’ che lo è: ma, se non ora, quando?
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