È diventato un esercizio molto diffuso, ed a tratti persino divertente, sottolineare come Giorgis Meloni, oggi al Governo del Paese, abbia rinnegato, e continui imperterrita a farlo, tutte le posizioni che per vent’anni (dico venti … lei che si spaccia per una “rookie underdog” …!) hanno costituito il repertorio di tutta la sua azione politica. Non si è salvato nulla … Era contro l’Europa e contro l’euro, voleva abbattere le tasse a cominciare dalle accise sui carburanti, irrideva le Agenzie di rating che davano i voti all’Italia berlusconiana, voleva abolire (spalleggiata dal compare Salvini) la legge Fornero e mandare tutti in pensione a cinquant’anni, era antiamericana ed antioccidentale, ammirava schiettamente Vladimir Putin e si congratulava per la sua democraticissima rielezione, chiamava “mancette” gli unici interventi sul salario, mai visti per decenni, invocava disinvoltamente blocchi navali contro i migranti, … Potrei continuare, ma non servirebbe a nulla: puro esercizio dialettico. A conferma di quanto sopra, chiunque legga, anche distrattamente, la Finanziaria in elaborazione, la più immobilista ed irrilevante degli ultimi decenni, può divertirsi a valutare le differenze. La signora Meloni di tutto ciò s’impipa: anzi, per molti ciò costituisce segno distintivo di maturità e capacità di governo. Ma perché una così pacchiana e macroscopica mancanza di coerenza non rappresenta uno scandalo, non squalifica chi la produce, non toglie credibilità, non rende inaffidabili? Va bene la realpolitik, ma una conversione così va ben oltre qualsiasi idea di pragmatismo …! La coerenza è un valore? Pare proprio di no. Almeno per i politici populisti. Compreso Donald Trump, che invece parrebbe fare tutto quello (e anche di più …!) che ha sempre promesso. Solo che lui parla in continuazione, dice tutto ed il contrario di tutto, cambia idea ogni giorno ed anche più volte al giorno, gli basta occupare la scena, indipendentemente dalla sostanza delle cose. Trump persegue i suoi fini privati con molta determinazione ed il resto della sua politica segue logiche del tutto inafferrabili (qualcuno ha capito cosa vuole fare con il suo amico Putin, che continua a menarlo beffardamente per il naso? Lo blandisce, lo circuisce, lo subisce …). I russi, che per cultura sono molto rigorosi, lo sbertucciano, ma lui semplicemente se ne disinteressa. Gli basta mantenere aperto il canale di comunicazione con il suo pubblico adorante, mettersi al centro della scena persino spudoratamente, irridendo chiunque cerchi di spostare il discorso su aspetti più seri e sostanziali. È sempre circondato da giornalisti, solo che questi possono solo costituire la sua corte, altro che watchdog! La caratteristica dei leader populisti è proprio questa: tenere sempre ben separati gli aspetti comunicativi dalla sostanza delle cose. Sembrerebbe un esercizio impossibile, ma davanti agli occhi abbiano la smentita più clamorosa. L’obbiettivo non è il rigore, né la coerenza, né la qualità della sostanza dei provvedimenti. L’obbiettivo è “far vedere”, dare l’impressione, rappresentare, senza alcun ritegno né rispetto per la realtà. Chi ha visto il film sul giovane Trump e sui suoi rapporti con l’avvocato mentore Roy Cohn (The Apprentice, 2024), ha potuto constatare come la filosofia veicolata da quest’ultimo verso il giovane futuro Presidente sia proprio quella: - attacca e reagisci sempre, anche in modo spropositato
- fregatene della realtà: l’unica verità è quella che sostieni tu con forza e determinazione
- non ammettere mai né la sconfitta né gli eventuali errori: nega sempre.
Sembra esagerato, ma è esattamente così: tutto Trump sta in questa impostazione, sempre, tutti i santi giorni. Fateci caso. Correre dietro alle sue contraddizioni risulta quindi tempo perso, perché il terreno di gioco è un altro: un terreno dove vale solo la forza mediatica e caratteriale che impone la propria visione contro tutto e contro tutti. Meloni non arriva ai vertici di cinismo e spregiudicatezza dell’amico Trump, ma non c’è dubbio che la strategia è la stessa. Non disponendo del carisma trumpiano, semplicemente evita il dibattito, evita di farsi intervistare, non risponde alle domande in Parlamento, fa finta di niente. Ma alza la voce ogni volta che può. Gonfia la giugulare e il popolo la segue. Almeno finora. Inutile seguirla su quella strada: vince lei, come vince Trump. Bisogna cambiare schema di gioco, bisogna spostarsi su un terreno più favorevole alla logica ed al raziocinio, anche se pare una cosa fuori tempo e fuori moda. L’opposizione deve continuare ad insistere sulle cose, sui fatti, sui dati, sulle esigenze anche minute della gente comune, deve farsi capire, deve evitare di buttarla in caciara, se non vuole essere annichilita dal fuoco della comunicazione. Servono quindi competenze, alto livello di istruzione, capacità comunicativa diretta e penetrante. Inutile battere sulle incoerenze e le contraddizioni. Non attacca: la “gente” ha dimostrato di non darci troppo peso. Alzare i toni, enfatizzare l’attacco alla democrazia e gonfiare le vene serve solo a marcare l’irraggiungibilità di quel tipo di comunicazione. Non è per noi … Bisogna emozionare, ma senza imbonire. Stimolare, certo, ma non sui massimi sistemi, quanto piuttosto sulla vita di ogni giorno. È cosa lunga e difficile, è evidente, ma a me non pare ci siano alternative, se si vuole fare qualcosa di più che testimoniare un pur legittimo dissenso (cosa del tutto inutile, senza uno sbocco …) Quello che massimalisti e populisti cosiddetti di sinistra faticano a capire è che non basta e non serve convincere e scaldare i cuori dei già convinti, serve invece far nascere la voglia di nuovo, la voglia di serietà, di concretezza, in gente che è sul punto di disinteressarsi per sempre della cosa pubblica, che la sente estranea perché non crede alle fandonie della maggioranza ma non vede neppure nulla di interessante nella minoranza che dovrebbe costituire l’alternativa. È una sfida infernale. Se non riusciamo, ci terremo Meloni e la sua scarsissima classe dirigente per anni e anni e, anche se in qualche sabato pomeriggio d’autunno o di primavera ci ritroveremo in piazza con i megafoni e le bandiere, poi torneremo a casa mugugnando, sempre più delusi e scoraggiati, con batterie scariche e le bandiere arrotolate sotto il braccio. Nel triste tramonto del sol dell’avvenire. |