Sull’opportunità, o meglio necessità, che l’opposizione a Meloni e soci si presenti unita alle prossime elezioni c’è poco da discutere. Le alternative sono poco più che pura accademia, aria fritta, astruse teorie senza alcun supporto sperimentale. Con leggi elettorali come quella che abbiamo, o che si prospettano, qualsiasi ipotesi di terzo polo “indipendente” rischia di essere solo una bubola pericolosa, che però potrebbe illudere più d’un elettore, portando di sicuro tutta l’opposizione, ancora una volta divisa, ad una inevitabile e sonora disfatta. Credetemi, è aritmetica elementare: non servono i logaritmi o il calcolo differenziale. Ciò detto, c’è modo e modo di costruire un’alternativa che abbia la concreta possibilità di vincere. Ora stiamo seguendo una via a mio avviso destinata al fallimento. Il problema, inutile girarci intorno, sono i cinquestelle: il trasformismo sfuggente del loro leader Conte non promette nulla di buono, anzi sembra destinato ad indebolire o finanche a sabotare qualsiasi possibilità di intesa. E allora? Sempre tutti “testardamente unitari”, condannati a sopportare le frequenti insolenze del suddetto, recalcitrante, neghittoso, potenziale alleato, che non vuole definirsi alleato, e che non perde l’occasione per smarcarsi e sottolineare la sua differenza dagli altri? Così, si finisce per dargli le chiavi della coalizione, poi per dargliene la leadership, per andare infine tutti allegramente contro un muro di cemento armato, e quindi tenerci Meloni e soci per altri cinque anni (anzi nove, visto che ne farà due da Premier, poi altri sette al Quirinale, dal 2029 fino al 2036). Tra il populismo griffato destra e quello un poco tarocco di sinistra, non c’è dubbio che la gente scelga l’originale …! Non so a voi, ma a me pare un incubo …! Una classe politica mediocre che guiderà un Paese mediocre con risultati mediocri, in bilico tra essere il perenne fanalino di coda dell’Unione “storica”, quella che conta, e la triste appendice dei tristi Paesi dell’Est Europa (Ungheria, Slovacchia, Bulgaria, ...). Brutto destino! Se un partito minore (come sono oggettivamente i cinquestelle) si tiene vistosamente sulle sue con supponenza e prosopopea, facendo pesare che poi, forse, un giorno, si degnerà di decidere se aderire o meno alla coalizione opposta a Meloni, dopo l’approfondito esame che i raffinati palati cinquestelle vorranno fare al resto della coalizione, a me questo non pare un viatico beneaugurante. Mi pare l’anticamera del disastro. Ripeto: e allora? Allora bisogna rovesciare l’ottica: non è un partitino supponente e dalla linea ondivaga e spesso equivoca (rapporti con la Russia sopra tutto) che deve decidere, bontà sua, se aderire, ma è il resto della coalizione, segnatamente il più grosso PD con i riformisti (il duo Fratoianni-Bonelli conta davvero poco e alla fine si acconcia sempre, per amor di presenza …) a definire le condizioni basilari ed essenziali e quindi ad ammettere o meno ciò che resta dei pallidi seguaci di Grillo e Casaleggio. La storia dei cinquestelle è talmente piena di orrori politici, dal governo con Salvini in mutande ai decreti sicurezza, dalle fantasmagoriche analisi costi-benefici di Toninelli alle invenzioni dell’improbabile professore venuto dal Mississippi a regalarci i navigator ed il reddito di cittadinanza (“abbiamo abolito la povertà!”), dal superbonus spacca-conti pubblici alla inutile e controproducente riduzione dei parlamentari, e potremmo continuare con i “medici” russi che scorrazzavano per l’Italia bloccata dal Covid, con le festose “primule” per i vaccini, con lo sciacallaggio su Bibbiano o sulla disgrazia del ponte di Genova, caduto anche per l’assurda opposizione alla Gronda, …, basta, mi viene l’affanno a ripensare a tutto questo catalogo, dicevo quella storia è talmente piena di orrori, che davvero il sacrificio è di chi deve cercare di accettarli allo stesso tavolo e non viceversa. È Conte che deve dimostrare di essere affidabile, di essere diventato adulto, di essersi lasciato alle spalle le sparate patetiche sull’”uno vale uno”, se vuole associare i suoi non tanti voti al possibile governo di un Paese-guida dell’Unione Europea. Non il contrario. Per questo ci vuole fermezza e chiarezza di idee. Il problema è che una parte non trascurabile del partito maggiore, il PD, soffre di un evidente complesso di inferiorità verso i cinquestelle, sotto sotto li ha sempre ammirati (che bello giocare a fare la rivoluzione …!), un po’ anche invidiati: loro si divertivano un mondo, mentre qui ci si doveva scraniare per governare l’Italia post-berlusconiana. La parte tardo-adolescenziale del PD non è irrilevante, esprime la Segretaria, che infatti evita di parlare di politica estera per non urtare la delicata suscettibilità del potenziale recalcitrante alleato, sempre ed ancora tentato dalle sirene russe. Se si vuole fare una coalizione che abbia possibilità di vincere bisogna che il suo fulcro sia nell’area riformista europeista e non in quella movimentista con tendenze antioccidentali. Non possiamo permetterci di rinunciare neanche ad un sol voto, sia chiaro, ma la rotta deve essere quella del riformismo democratico europeo e non un generico ribellismo anarcoide, che si confonde parecchio con il simmetrico sentimento albergante a destra. Questa è una miscela delicatissima da trattare, il compito è improbo e pericoloso, ma è meglio pensarci per tempo e non rimandare i necessari chiarimenti: si vota tra 18 mesi, più o meno, e non si può rimanere nel vago sperando nel buon cuore degli elettori. Quelli, se gli gira, restano a casa. Io credo che anche nei cinquestelle, almeno in quelli più avveduti, sia chiaro che per vincere bisogna assumere posizioni condivisibili ed appetibili da una larga fetta di opinione pubblica. Non basta titillare i sentimenti più ribellistici, gli slogan da megafono, le parole d’ordine immaginifiche. Se si vuole sostituire questa destra bisogna essere alternativi ma chiari, diversi, senza scimmiottarne le tendenze populiste, perché su quelle vincono loro a mani basse. L’Italia, se vuole tornare a crescere e a riprendersi il suo posto in prima fila in Europa, deve avere il coraggio di mettere mano a riforme importanti sul fisco, sul lavoro, sull’amministrazione e sulla sanità pubbliche, sull’ordinamento statale, sulla giustizia, e deve saldamente ancorare la sua politica estera al gruppo di Paesi maggiori, quelli che contano qualcosa perché sono ricchi e sviluppati, e non a quelli che sfruttano cinicamente il diritto di veto per succhiare contributi, come Ungheria e simili. È una scelta di strategia e di campo: indifferibile, tanto più ora che gli USA hanno stravolto il loro posizionamento strategico, dal quale difficilmente torneranno indietro, anche dopo Trump (sperando che ci sia, un dopo-Trump …). La coalizione alternativa a Meloni deve essere chiaramente “europea”, senza tentennamenti. Il nostro destino, se ne avremo uno, è in una Europa federale e non alla corte di qualche grande, siano essi gli USA o, Dio non voglia, la Russia di Putin, o la Cina. Non è più tempo di furbetti, di doppiogiochisti, di galleggiamenti equivoci. Solo parlando molto chiaro si potrà portare la gente alle urne per votare un’alternativa. L’Europa, o si salva tutta insieme, o soccomberà per sempre. Meglio (relativamente) pochi ma coesi che tanti ma sparpagliati e litigiosi. Siamo mezzo miliardo di persone, facciamo un quinto del PIL mondiale, abbiamo storia e competenze di prim’ordine. Manca la volontà di giocarsela alla pari. Chi ha paura cerca solo un protettore e chi accetta di proteggerti non lo fa gratis. Se in Italia una coalizione democratica si presenterà con idee chiare e programmi ambiziosi può vincere per davvero. Giocando al ribasso, si fa solo brutta figura e soprattutto non si fa l’interesse del Paese. Questo è l’argomento principe che oggi sta sul tavolo della potenziale alternativa alla Meloni: o lo si affronta con coraggio e determinazione e si prepara un programma per vincere, oppure si giocherà per non venire travolti, per perdere con dignità, cosa che a certa sinistra è sempre piaciuta da morire … Ai cittadini democratici però non piace per nulla, e quindi o li portiamo alle urne o staranno a casa a maledire la nostra incapacità di fare politica. Vietato mettere la polvere sotto il tappeto. La casa va pulita per davvero. E con gioia.
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