Le religioni in fondo sono tutte uguali. Rispondono tutte allo stesso senso di trascendenza, di immaterialità, di spiritualità, che è innato nella mente di ognuno di noi, chi più, chi meno. Tutti noi, anche se atei o agnostici, da che mondo è mondo viviamo il mistero di ciò che riusciamo a concepire con la mente, ma di cui non abbiamo e non possiamo avere esperienza diretta. L’infinito, infinitamente grande o infinitamente piccolo che sia, è un concetto matematicamente definito, ma nessuno di noi ha esperienza diretta di qualcosa che non ha un inizio e una fine. L’aldilà, lo possiamo concepire ma non verificare con i sensi: possiamo anche essere convinti che non esista, ma certamente ne portiamo dentro l’idea, con la quale facciamo i conti ogni qualvolta sperimentiamo l’indubbia esistenza della morte e la domanda (persino la curiosità…) sul “dopo”. Il pensiero, che è lo strumento base della nostra vita di umani, è fatto di neuroni e sinapsi, di chimica ed elettricità, ma è impalpabile, non si misura, non si pesa, e soprattutto non lo si può confinare. Il nostro cervello, oggetto fisico del cui funzionamento sappiamo ancora molto poco, ha capacità che possono trascendere l’esperienza sensoriale diretta: immagazzina e seleziona ricordi di esperienze anche lontanissime nel tempo con algoritmi oscuri, immagina cose che non può sperimentare. Diceva Einstein che la conoscenza è limitata, l’immaginazione no. Questo fenomeno può generare frustrazione, senso di impotenza, ma in realtà genera anche curiosità, voglia di conoscere, di approfondire, di andare aldilà dei limiti noti, per addentrarsi in territori poco o per niente esplorati. È stata ed è la molla del progresso del genere umano. Il “metodo scientifico” ci permette di dominare tutte queste contraddizioni, riconducendole ad un metodo che aiuta ad orizzontarci e ci guida sia come singole persone che come comunità organizzate. Non è stato facile: ci sono voluti secoli per arrivarci. Fu solo quattro secoli fa che Galileo Galilei elaborò il metodo per definire ciò che era da considerarsi noto e conoscibile, quindi vero. Era il “metodo sperimentale”. Non più la parola indiscutibile del saggio, del prete, del potente, ma la possibilità di provare e riprovare i fenomeni naturali con regole trasparenti e condivise da tutti. Di conseguenza, il metodo rendeva possibile definire e convivere anche con l’ignoto, che diventava una frontiera da attraversare e di cui non si doveva più avere paura, perché prima o poi lo si sarebbe potuto scoprire, misurare e gestire. Bastava avere pazienza e studiare, studiare, provare, provare … Nulla impedisce agli umani di immaginare i mondi più fantasiosi, più strani, più assurdi, purché siamo coscienti che si tratta di immaginazione e non li confondiamo con la realtà sperimentale. Una rappresentazione di Escher esemplifica bene ciò che è reale ma che allo stesso tempo non lo è, ci fa vedere con chiarezza la differenza tra il reale e l’immaginario. Le religioni in fondo sintetizzano in un Dio tutto ciò che non riusciamo a conoscere, così come sintetizziamo nel Caso ciò che non riusciamo a prevedere (ma questo è un altro discorso …). Le religioni offrono, a chi ne senta il bisogno, un appoggio, un sostegno, una guida nella gestione della vita e dei suoi problemi quotidiani, rispondendo quindi all’esigenza personale di supporto psicologico. Ciononostante, la natura associativa dell’essere umano fa nascere la tendenza ad aggregarsi con persone che abbiano lo stesso tipo di esigenza, condividendo fede e sentimenti, anche sotto forma di liturgie collettive. Questo impianto teorico, all’apparenza impeccabile, non ha però retto all’urto della Storia. Capita che chi detiene il potere nelle comunità capisca in fretta l’enorme potenziale delle religioni come strumento di controllo sociale e di conseguenza se ne appropri. Con il pretesto di organizzare le liturgie, interpretare le Scritture, e poi diffondere il Verbo, affermare la Verità, si crea una sovrastruttura, il clero, che si pone come intermediario tra la divinità ed il popolo. I precetti religiosi diventano presto espressioni di una Verità unica ed assoluta, che il clero ha in custodia e magnanimamente mette a disposizione del volgo ignorante. Ovviamente la Verità, se è assoluta, è anche l’unica Verità vera, il che comporta che tutte le altre sono da intendersi come minacce all’integrità del culto. Così le varie religioni, anziché unire gli uomini affratellandoli, finiscono per dividerli, spesso in modo cruento ed irreparabile. Molte religioni pretendono inoltre di convertire gli infedeli o comunque costringerli ad uniformarsi ai propri precetti, ai suoi modelli di vita, provocando così diatribe teologiche, scontri fisici, guerre “di religione”, e tanto sangue, morti, dolori e lutti. Dietro la religione si nasconde la lotta per il potere. Risultato paradossale! Uno strumento che doveva aiutare l’uomo a convivere col mistero, con l’inesplorato, diventa una clava da usare contro chi è diverso da te. La religione usata come sponda per la legittimazione del potere. Purtroppo, è sempre stato così, fin dagli albori delle civiltà. In aggiunta, la religione fagocitava la scienza, il sapere, e il sapere era fonte di potere. I sovrani presentarono il loro potere come emanazione della volontà di un essere superiore che, proprio perché superiore, li rendeva intoccabili, almeno nelle intenzioni. Ogni sovrano con la sua legittimazione religiosa: questo rendeva inevitabile il conflitto, da cui le infinite guerre “di religione”, ovvero conflitti di interessi particolari, veicolati attraverso la differenza dei culti, delle credenze e dei modelli di comportamento. Lotta per l’egemonia ed il potere sotto la copertura della religione. La Storia è piena zeppa, anzi è fatta prevalentemente, di conflitti di questo genere. Il fondamentalismo ed il fanatismo religiosi hanno fornito abbondante carne da macello a chi sfruttava le religioni per le lotte di potere e di egemonia. Nessuno può dirsene davvero scevro, specie all’interno delle religioni monoteiste (dove il Dio unico, lo stesso per tutti, invece dovrebbe logicamente costituire un unico punto di riferimento). E così abbiamo visto le Crociate, le guerre ottomane, l’Inquisizione contro gli eretici, la persecuzione degli Ebrei, mentre oggi vediamo estremisti e fondamentalisti musulmani di varie estrazioni, fanatici ebrei messianici, estremisti cristiani ortodossi slavi e filoputiniani, una volta gli estremisti cattolici irlandesi, tutti impegnati a difendere il loro particolare, disposti a scannare e scannarsi in nome di una religione, ma in realtà in nome di corposi interessi economici e politici, che nulla hanno a che fare con la spiritualità. Certo, le religioni spesso predicano la pace, la fratellanza, l’amore, ma sempre nell’ambito di una Verità assoluta che esclude tutti gli altri, considerandoli potenziali concorrenti o peggio ancora nemici. La tolleranza ed il relativismo sono visti sempre con sospetto, o con la superiorità di chi crede di possedere qualcosa in più e di più importante. Non esistessero le religioni, bisognerebbe inventare qualcos’altro per costringere le masse ad andare al macello convinte di guadagnarsi l’immortalità. Purtroppo, la religione funziona benissimo per questi scopi e non è affatto facile, come vediamo ogni giorno, porre un freno a questa barbarie. L’avidità, la prepotenza, la sopraffazione sono (ahimé) caratteristiche innate dell’essere umano, che solo in parte l’evoluzione, la cultura, la formazione hanno saputo contenere. La tensione verso la trascendenza dovrebbe smorzare quelle caratteristiche, dovrebbe facilitare la comprensione reciproca, il dialogo, dovrebbe creare un anelito alla pace, alla fratellanza. Invece, la Storia ci dice che spesso vince la volontà di scagliarsi contro i diversi. Gesù predicava l’amore, ma Crociati e Inquisizione non amavano i diversi. Allah è un Dio misericordioso, ma l’Islam contempla la Guerra Santa e i suoi seguaci fondamentalisti hanno buttato giù le Torri e massacrato gli Ebrei il 7 ottobre di due anni fa. Gli Ebrei hanno partorito una cultura millenaria formidabile, ma gli estremisti messianici hanno ammazzato Rabin e raso al suolo Gaza. Chi è senza peccato … Il mondo sarebbe molto migliore se le religioni non offrissero uno scudo all’aggressività ed alla prepotenza umane. Dovrebbe essere chiaro a chiunque abbia una fede che nessun Dio può pretendere di essere difeso con la violenza, che la violenza è tutta umana, non divina, e che l’essere umano ne porta l’esclusiva responsabilità, di fronte a sé stesso e a tutta la comunità. Se la religione fosse una pura espressione della Natura (Deus sive Natura, diceva Spinoza quasi quattrocento anni fa), tutto sarebbe più semplice. La Storia dell’umanità ha purtroppo preso altre strade e spetta a noi districarci nel groviglio nel quale ci siamo cacciati. Spetta a noi umani, e a nessun altro …
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