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Il prezzo da pagare

  Dispiace constatarlo, è perfino un po’ buffo, ma a ripetere tenacemente il mantra  “né con la destra né con la sinistra”  sono rimasti solo il patetico Giuseppe Conte ( “i resti di quello che fu uno dei più potenti … risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza”  – Armando Diaz – 4 novembre 1918) e i nostalgici incrollabili epigoni del fu-Terzo Polo centrista. Non si offendano gli uni e gli altri per l’accostamento, ma questa è la pura e semplice verità. Più si vota, più risulta assolutamente chiaro che gli elettori di centro, tanti, tantissimi, pencolanti, indecisi, disillusi oppure ingenui e idealisti, o non votano affatto (e l’astensionismo cresce …) oppure alla fine votano un po’ di qua, un po’ di là. C’entra di certo il sistema elettorale ma, quand’anche ci fosse un sistema più proporzionale, cosa farebbero  “dopo il voto”  i nostri eroi della equidistanza? Resterebbero sdegnati sul più isolato Aventino che trovano (i terzopolisti
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E' l'ora di un armistizio

  La sguaiata e quanto mai inopportuna uscita del Presidente-ombra Elon Musk contro i giudici italiani ( “questi giudici devono andarsene” , in inglese  “these judges need to go” ), rei di avere chiesto alla Corte Europea di pronunciarsi sul rimpatrio dei migranti portati in Albania, sta distorcendo ulteriormente il dibattito sul ruolo e sulla governance della magistratura italiana. All’intemerata di Musk si sono subito entusiasticamente accodati i sovranisti nostrani, già molto seccati dalla improvvida (per loro) interferenza della Magistratura nei loro approssimativi atti di Governo. Si apre così un paradossale cortocircuito, in cui ogni critica al sistema giudiziario rischia di venire mescolata in un guazzabuglio pericolosissimo. Per essere più chiari, chi si batte per il garantismo sancito dalla Costituzione, per il diritto dei cittadini a non essere criminalizzati ( sputtanati  è più corretto) sulla base di un avviso di garanzia ed anche per una maggiore trasparenza dell’Ordine Gi

Un pezzo di storia

  Un pezzo, ma non tutta la storia. Sto parlando del film di Andrea Segre  “Berlinguer – La grande ambizione” . Elio Germano credibile e molto bravo, una ricostruzione fedele e non mitizzata degli avvenimenti, in due ore di bel cinema cinque anni della nostra storia patria, dal Cile (1973) a Moro (1978). Non oltre. Il film, io l’ho appena visto e lo consiglio sia a chi c’era e ricorda, sia a chi è venuto molto dopo e dei fatti e delle atmosfere di quegli anni non ha memoria diretta. Segre posiziona correttamente nel  golpe  cileno le radici del  compromesso storico , ovvero il tentativo di smuovere una democrazia bloccata da trent’anni ed aprire (senza i rischi cileni) la strada del Governo ad un terzo dell’Italia, fino ad allora tenuto ai margini del potere in forza dei delicati equilibri internazionali. L’aspetto internazionale è peraltro brutalmente esplicitato dall’attentato subìto da Berlinguer in Bulgaria nel 1973 ad opera dei servizi segreti, segno inequivocabile di quanto poco

Stress Test

  È andata come è andata … Ora serve un respiro profondo, un attimo di concentrazione, e poi si riparte. Si riparte perché la Storia non si ferma qui: la Storia va avanti con o senza di noi, dove per noi intendo i democratici e riformisti sconfitti, e sono tanti, in tutto il mondo. Ovviamente le elezioni in USA ci riguardano da vicino, bruciano da morire, ovviamente avranno conseguenze dappertutto, ovviamente chiederanno a tutti di ripensare visione e prospettive. È una svolta. La seconda vittoria di Trump rappresenta per il sistema democratico, inteso come ormai centenario metodo di gestione della società, uno  stress test  decisivo. Se lo supereremo, e questo vorrà dire che saremo in grado di rimetterci in competizione e prenderci una rivincita nei tempi dovuti, vorrà dire che davvero il sistema democratico è insostituibile ed è il miglior modo di organizzare e gestire una società civile. Un sistema robusto, resiliente. Se non lo supereremo, e questo lo vedremo dagli impedimenti che

Lettera a Luigi Marattin e a chi cerca terze vie

  Caro Luigi, premetto che apprezzo e mi riconosco in gran parte dei contenuti politici che hai finora rappresentato, prima nel PD e poi in Italia Viva. Contenuti e non posizioni perché, francamente e  absit injuria verbis , io credo che tu stia sprecando la tua (notevole) intelligenza politica in un progetto senza prospettive. Qui lo dico e qui lo spiego. La costruzione di un partito liberaldemocratico, che si ponga strutturalmente fuori della logica bipolare destra-sinistra è, a mio avviso, un tentativo apprezzabile dal punto di vista intellettuale, ma che non può porsi ragionevolmente come obbiettivo la guida politica del Paese. La democrazia è per sua natura duale: per funzionare ha bisogno di una maggioranza e una minoranza, di un Governo e un’opposizione, alla fine ha bisogno di una destra e una sinistra contrapposte, mentre le posizioni non allineate (si sarebbe detto una volta …), nell’atto del Governo, devono collocarsi da una parte o dall’altra (creando così un centrodestra e

God help America! (e non solo ...)

  Comunque vada, saranno poche migliaia di cittadini americani residenti nei cosiddetti  swing States  a decidere le sorti della Presidenza USA, e di conseguenza anche del mondo, di tutto il mondo. Non è la prima volta: nel 2000 poche centinaia di voti della Florida furono decisivi per la sconfitta di Al Gore e per la vittoria di George W. Bush e Dick Cheney (che era la vera testa pensante …). Ne consegui la seconda guerra del Golfo, l’Afghanistan, Al Qaeda, Daesh, e tutte le tragiche propaggini del terrorismo islamico. Con Al Gore Presidente la Storia sarebbe stata diversa, migliore o peggiore non è dato saperlo, ma certamente diversa … Nel 2016 Hillary Clinton stravinse nel voto popolare (3 milioni di voti in più) ma perse la Casa Bianca sempre a causa di pochissime migliaia di elettori (in Michigan e Pennsylvania), che permisero a Donald Trump di vincere contro ogni previsione. A volte la Storia può svoltare in modo anche deciso per mano di pochi anonimi (e ignari) cittadini, in per

Allonsanfan!

  “Siamo sicuri di aver capito bene cosa sta succedendo nel mondo?” Domanda forse sciocca, ma comunque un poco imbarazzante. Forse esagero, forse no. Sarà che l’età ( ingravescente aetate … ) mi permette di ragionare su un lasso di tempo di vita piuttosto lungo, sarà che la stessa età porta a riflessioni a volte cupe ed oscure, ma la domanda, una volta posta, richiede una risposta, possibilmente meditata e non frettolosa. Il Novecento è finito da un pezzo, siamo quasi ad un quarto del secolo XXI (è persino difficile nominarlo: cosa viene dopo il Novecento? Il Duemila è un millennio, non un secolo …), e l’eredità del secolo precedente pare perseguitarci: sicuro che sia finito per davvero? Da una parte ci troviamo a fare i conti con situazioni e problematiche vecchie di oltre cent’anni, dall’altra ci pare evidente che tutto è cambiato, e pure di tanto. A distanza di un secolo, vediamo potenti le stesse tentazioni autoritarie che portarono al fascismo, al nazismo, allo stalinismo ed alla

Tempo di addii … tempo di riflusso?

  Dopo la disastrosa e traumatica esperienza delle elezioni europee, l’area del cosiddetto Centro riformista è entrata in una fase magmatica di ripensamento, confusione, riflessione, resa dei conti, …, insomma una specie di valle di Giosafatte dove tutti i peccati vengono squadernati, nella speranza della loro remissione. La sconfitta ha avuto ripercussioni in tutta l’area del centrosinistra e zone limitrofe (vedi le convulsioni isteriche di Giuseppe Conte): si è innescato un processo la cui conclusione è di là da venire. Sono giorni che, io come altri, ricevo messaggi di persone che salutano e se ne vanno. Non  “scendono all’Adriatico selvaggio” , come i pastori dannunziani, ma semplicemente si ritirano dalla attività politica e si mettono in modalità  “attesa di tempi migliori” . “Restiamo amici come prima, però io sono stufo …” . A quasi tutti ho scritto parole di speranza e di ottimismo, dando forse l’immagine patetica dell’orchestrina che continuava a suonare il suo repertorio di

La soluzione finale

  Immaginiamo di vivere in una di quelle villette a schiera che punteggiano (e ingombrano) i panorami di molte località italiane (e non solo). Vicini di qua, vicini di là, vicini avanti e vicini dietro: al massimo un giardinetto privato di pochi metri quadri. Immaginiamo che tutti, dico tutti, i vicini facciano di tutto, ma proprio di tutto, per mandarci via dalla nostra villetta ed appropriarsi della nostra proprietà, che ci considerino intrusi, e quindi ci gettino l’immondizia nel giardino, ci aizzino contro cani, gatti ed altri animali, si introducano nottetempo per farci danni, aggrediscano qualche familiare, o anche peggio, con il dichiarato obbiettivo di farci sloggiare da lì, per mandarci il più lontano possibile. Noi ovviamente reagiamo, cerchiamo di contrastare gli aggressori, ma la nostra vita sarebbe comunque un inferno, immersa in un conflitto perenne ad intensità crescente, anche se nel frattempo qualche nostro amico ci fornisse sì materiale per difenderci ed anche per off

Il Centro, ancora ... è tempo di migrare

  Lo so, sono noioso e ripetitivo, ma resta sul tappeto la questione del Centro ... Un’Araba Fenice, una chimera, un luogo dell’anima, una dannazione, un mito, … “Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare” . Settembre, andiamo. Si rimescolano le carte, per l’ennesima volta, e tutti i malati di politica cercano un nuovo senso per quello che succede. Gli altri, giustamente, pensano ad altro: e non manca la materia … Adesso c’è chi dice che il Centro è morto, che non c’è spazio al Centro, che  “o di qua o di là” , che era così evidente …, che  “tertium non datur” , come nella migliore tradizione aristotelica. E invece no. Qui si confonde l’offerta politica con la domanda, la composizione dell’elettorato con la struttura dei partiti politici che dovrebbero interpretarlo, intercettandone i bisogni. Le famose “praterie” al Centro ci sono per davvero, le elezioni si vincono per davvero al Centro, è sempre stato così e così sempre sarà nelle democrazie comp