Questa è una lettera aperta (non proprio amorevole) a Carlo Calenda e Matteo Renzi (in ordine alfabetico). Ho promesso di non chiamarli più Bibì e Bibò da quando sono stati protagonisti del pasticcio politico culminato nella rottura del costituendo Terzo Polo. Non più monelli discoli, ma distruttori dispettosi. A dire il vero già da agosto i soliti media maldicenti e prevenuti avevano preconizzato la prossima fine del sodalizio inaugurato in vista delle elezioni del 25 settembre scorso. Gli ottimisti un po’ creduloni come me avevano pensato alle solite manovre dei media pilotati da avversari politici, come sempre poco propensi a giudicare favorevolmente le novità. Si diceva durasse due mesi: ne sono passati otto, da agosto ad aprile, nemmeno una gravidanza. Poi l’aborto. Una fine che più indecorosa non si sarebbe potuto immaginare. Sono volate parole grosse (soprattutto da una parte), poi allusioni, smentite, retroscena, gossip, frecciatine, risentimenti, tutto un campionario degno di una pessima soap opera o di un collegio per ragazzini indisciplinati. Il tutto senza uno straccio di ragione politica di fondo né tantomeno di un chiarimento trasparente e soprattutto comprensibile, rivolto a chi su quell’esperienza aveva fatto improvvido affidamento … o pensava di farcelo. È risultato solo chiaro come Calenda non si fidasse di Renzi e come Renzi non avesse fiducia nelle capacità di leader di Calenda. Conoscendosi i due da molti anni e non essendo novizi, stupisce che non avessero già avuto modo di chiarire tra di loro le linee guida dei rispettivi comportamenti. Tant’è, la rottura si è consumata: male, molto male; e pure a metà, perché in Parlamento, non si sa fino a quando, i gruppi di Azione e Italia Viva restano uniti, come se l’attività parlamentare non fosse il vertice di un’azione politica. E invece è proprio di politica che dovremmo parlare: dove sono le ragioni della rottura? Quali temi politici dividono Azione e Italia Viva? Ci diciamo tutti riformisti, ma ci sono due riformismi diversi ed incompatibili? O incompatibili sono le persone? E si può compromettere un’organizzazione politica solo per problemi di incompatibilità personale? Se poni queste domande, fai la figura dell’ingenuo … quello che non capisce che la politica gira tutta sulle persone, sulla chimica tra le persone e, se la chimica non funziona, va tutto a carte quarantotto. Ammesso fosse vero, dovrei accontentarmi di questo? Oppure dovrei a maggior ragione essere infuriato per l’ennesimo fallimento della mia parte politica? Quando uscimmo dal PD (con uno strano misto di sollievo e tristezza), scrissi: Italia Viva nasce da un fallimento e da una sconfitta. Il fallimento dell’obbiettivo originario del PD veltroniano (Lingotto 2007), ovvero costruire una forza politica maggioritaria per sintetizzare (e non appiccicare alla bell’e meglio …) le varie anime del riformismo di centrosinistra e la sconfitta al referendum del 4 dicembre 2016 sulla riforma delle istituzioni, sconfitta maturata essenzialmente all’interno di quella forza politica. Ora questa incapacità di sintesi ce la siamo portata dietro, e poco importa attribuirne la colpa maggiore all’uno o all’altro dei protagonisti in campo. Il danno politico e di immagine è rilevante e ripararlo sarà molto difficile. Il rischio, anzi la certezza, è che quella parte di elettorato scettico e disilluso, cui avremmo voluto offrire un’occasione per avere di nuovo fiducia nella politica, tragga definitiva conferma del suo scetticismo. È passato un mese da quella frattura: inutilmente. Qualcuno ha chiesto scusa, ma è un po’ poco, visto che nessuno ha chiarito alcunché nel merito. Ognuno ripete motivi assolutamente inconciliabili tra di loro: Calenda dice che Renzi non voleva il partito unico, Renzi lo nega risolutamente. Ci fermiamo lì? Ci basta? Dobbiamo accontentarci delle allusioni, dei gossip, dei retroscena, dei sottintesi? Non abbiamo diritto, noi che abbiamo scommesso, e perso, per l’ennesima volta, ad una spiegazione chiara, da adulti? Dobbiamo fare finta di aver capito (cosa c’è da capire?) e andare avanti, come nulla fosse avvenuto? Non scherziamo, per favore. La verità drammatica è l’ennesima sconcertante dimostrazione di immaturità delle forze politiche del nostro campo. Immaturità ed inadeguatezza. E non mi interessa attribuire colpe: voglio chiarezza, la pretendo da tutti. Renzi cambia spesso mestiere: lo cerchi in un posto ma lui è già da un’altra parte, non ha vincoli, è vulcanico, la sua capacità di andare oltre è invidiabile, ma l’azione politica è fatta anche di punti fermi. Calenda è ambizioso, ha voglia di fare, è molto attivo, ma è ombroso e mal sopporta l'idea di mediare con chicchessia; non mi pare abbia ben chiaro il suo futuro. Meloni convoca i gruppi parlamentari per parlare di riforme istituzionali: noi (noi chi?) ci presentiamo insieme, ma poi si tagliano le foto per oscurare l’altra parte. Roba da sovietici, difficile da credere, eppure vera. Abbiamo visioni diverse? Se sì, quali? E sui tanti temi, dove sono, se ci sono, le differenze? Vogliamo parlare di politica o dobbiamo parlare di psicanalisi? È accettabile un fallimento simile, senza un minimo di razionalizzazione? Ce n’è a sufficienza per mandare tutti a quel paese e occuparsi d’altro, ma a me non basta. Insisto a chiedere, a pretendere, e rivolgo un appello a chi come me si sente a disagio: non stiamo zitti, facciamoci sentire, pretendiamo chiarezza, e soprattutto cerchiamo di fare un passo avanti. AAA cercasi leader … cercasi qualcuno che metta una pietra sopra a queste miserie e guardi avanti. A questo punto non può essere né Renzi, che sta facendo altro e nemmeno ci si candida, né tantomeno Calenda, che ha tragicamente dimostrato la sua inadeguatezza e labilità, litigando con tutti. Serve una figura equilibrata, decisa e coi nervi saldi, che ci porti, tutti i riformisti di centrosinistra, alle Europee del prossimo anno e oltre. Il tempo è poco, i danni da riparare sono tanti. Inutile rimestare il passato, serve un progetto credibile per il futuro prossimo e meno prossimo. Il polo dei riformisti resta una necessità imprescindibile. Ci vorrebbe una specie di Super Mario, ma non c’è … E quindi, avanti coi candidati: astenersi perditempo.
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