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War Games

“The only winning move is not to play”. Questa frase ( “la sola mossa vincente è non giocare” ) compariva sullo schermo del supercomputer protagonista di War Games , un film di quarant’anni fa che rappresentava uno scenario di possibile escalation nucleare provocata dal computer stesso che, ad un certo punto, non distinguendo più tra gli scenari di simulazione e la realtà vera, era arrivato ad un passo dallo scatenare l’olocausto nucleare; alla fine però, costretto a giocare contro se stesso, il computer riusciva a produrre quella icastica conclusione. “Non giocare”: è una parola …! Quando la realtà è quella vera e non quella simulata, qualcuno può costringerti a giocare, anche controvoglia. E ti mette di fronte ad atti che non vorresti accettare, ma che sei costretto comunque a fronteggiare. A poco serve chiedersi se il comportamento è razionale o meno. È una rottura dell’equilibrio ed è quella che devi gestire, cercando la strada verso un nuovo equilibrio che non conosci, ma che sper

Di cosa parliamo, quando parliamo di pace

Ma davvero dobbiamo abituarci all’idea che, ai confini dell’Unione Europea, uno Stato sovrano possa essere invaso militarmente da uno Stato confinante, più grosso e più potente? Ma davvero siamo tornati al punto che le questioni internazionali tra Stati possono essere affrontate solo con i missili e i carri armati? Ma davvero siamo tutti diventati così incapaci di metterci attorno ad un tavolo (Putin ne ha di enormi …) e analizzare problemi e possibili soluzioni con razionalità? Cosa penserebbe il Premio Nobel Johnny Nash ( “A beautiful mind” ), che teorizzò e dimostrò l’esistenza di un punto di equilibrio tra gli interessi contrastanti dei giocatori, purché essi siano razionali? Direbbe che i giocatori non sono razionali. Ovvero una conclusione devastante e senza speranza, se applicata alla politica internazionale in un mondo pieno zeppo di armi di distruzione di massa, non tutte depositate in mani sicure e, appunto, razionali. Possibile che, con tutta la scienza, la tecnologia, la fi

Il treno

  Sta passando un altro treno … Non è il primo, non sarà l’ultimo (speriamo), ma anche su questo possiamo salire o non salire. Oppure far finta di salire e scendere alla prima fermata. Oppure restare a bordo ma accarezzare platealmente la maniglia del freno di emergenza, pronti a tirarla al primo scossone. Insomma, uno un treno lo prende se vuole (deve) andare da qualche parte: ma bisogna sapere dove si sta andando e volerci andare. Non si sale su un treno per fare un giretto: si va da un punto all’altro. Se possibile volontariamente, altrimenti diventa una tradotta, cosa che però rimanda a pensieri molto bui. Tutta questa premessa ferroviaria per dire che una società può scegliere di restare ferma e farsi passare il mondo addosso (è una scelta rispettabile, seppur fortemente a rischio di autolesionismo e autoisolamento, e si chiama “conservatorismo”), oppure decidere di mettersi in marcia e cercare di andare verso il futuro, magari provando anche a pilotare, ad indirizzare e controlla

Il nonno

Inutile: non vogliono (o non possono) farsene una ragione. Ormai è passato un anno, lungo e avventuroso, da che è diventato Presidente del Consiglio dei Ministri, l’abbiamo visto all’opera per mesi, eppure niente … Tutti (o quasi) i media restano convinti che Mario Draghi sia un Letta, un Salvini, un Tajani qualsiasi. Uno cioè che non parla diretto, soggetto predicato e complemento, bianco per bianco e nero per nero, uno che parla a nuora per la nuora e a suocera per la suocera, senza allusioni, ammiccamenti, doppi sensi. Mentre invece Draghi è soprattutto uno che parla solo, se, quando e come lo decide lui. Non può essere vero: impossibile, non può esistere in natura un governante di tal fatta. Eppure, Draghi non chiede di essere interpretato, chiede di essere ascoltato, e parla per essere ascoltato. Mentre invece tutti si sforzano di interpretare senso e controsenso, detto e non detto, testo e contesto. Una perdita di tempo. E se invece provassimo a sentire cosa dice e a prenderlo co

Viva Galileo!

Dunque, abbiamo evitato un errore clamoroso. All’ultimo momento, grazie ad una mobilitazione la cui eco è arrivata fino al Quirinale, la Camera ha accolto un emendamento che espunge dal testo della legge (benemerita) sull’agricoltura biologica ogni riferimento all’agricoltura biodinamica, pratica sciamanica ed antiscientifica, fondata cent’anni fa dall'esoterista (!!) Rudolf Steiner e adesso sotto l’egida di un’azienda privata tedesca. Si stava perpetrando un vulnus alla Costituzione, alla logica, al buon senso, nonché all’autorevolezza del “metodo scientifico”, sul quale poggia da qualche centinaia d’anni la società moderna occidentale. Non la sto facendo troppo grossa, né sto amplificando preoccupazioni superflue (come è stato detto da qualche parte), sto solo sottolineando che, se si mobilita l’Accademia dei Lincei, un Premio Nobel, decine e decine di scienziati e ricercatori, parte di media solitamente sonnacchiosi sul tema, oltre a tanti cittadini amanti della razionalità e i

Manovre (ma neppure troppo "grandi" ...)

  Chiusa la partita del Quirinale (e di Palazzo Chigi) con la riconferma dei pezzi da novanta della nostra politica, si stanno sviluppando alcuni fenomeni, alcune manovre, su cui vale la pena soffermarsi. La prima : impedire in tutti i modi un rafforzamento di Draghi, che ora è davvero difficile mettere in discussione, almeno fino alle prossime elezioni; queste, si sa, dovrebbero cadere la prossima primavera, ma da ottobre in avanti potrebbero essere convocate in ogni momento, maturando i parlamentari di prima nomina la pensione a settembre. Da molte parti c’è un gran dire che in realtà Draghi è lo sconfitto, perché non è riuscito ad andare al Quirinale secondo i suoi desideri, che si è indebolito, che troverà un Vietnam continuo, eccetera eccetera. La paura inconfessata ed inconfessabile di tali esponenti della nostrana saggezza politica è che un Draghi lanciato nelle riforme sarebbe molto difficile da far sloggiare tra un anno e quindi, di riffa o di raffa, se lo ritroverebbero tra i

Progetti di vita

L’inveterata abitudine (direi piuttosto il vizio …) dei nostri “sapienti” notisti politici di leggere (loro che la sanno lunga …) tra le righe, dimenticando le righe, e di sbirciare il retroscena invece di guardare la scena, unita alla disperata ricerca di appigli per creare difficoltà ad un Governo che vorrebbe e dovrebbe essere riformista, hanno innescato l’ennesimo corto circuito mediatico. Il solito “spin”. Che non è, in questo caso, una caratteristica peculiare delle particelle subatomiche, ma la rotazione, il verso, che si vuole dare ad una situazione, quando se ne vuole insomma imporre un’interpretazione, solitamente funzionale ad uno scopo prefissato, e quasi mai dichiarato. Una porcata, insomma, per dirla alla Calderoli. Un condizionamento mediatico, mirato alla formazione di un’opinione generalizzata, tale da rendere inaccettabile qualsiasi opinione diversa. L’anno scorso di questi tempi era ”l’irresponsabilità”, la “follia”, la “cinica spregiudicatezza” di chi voleva mandare

Il "rasoio" funziona ...

Alla fine ha vinto lui, Guglielmo da Occam, monaco francescano coevo di Guglielmo da Baskerville (chissà Umberto Eco chi aveva in mente …), che teorizzò, con il suo rasoio,  “un principio metodologico che, tra più ipotesi per la risoluzione di un problema, indica di scegliere, a parità di risultati, quella più semplice” . Così è stato. Tra sostituire Mattarella o sostituire Draghi la cosa più semplice era lasciare tutto come prima e non sostituire nessuno. Qualcuno ha finalmente impugnato il “rasoio” ed l’ha adoperato. Evviva. Ha perso la politica o ha vinto la logica? La risposta è che ha vinto la logica politica. Ovvero quel senso dello Stato, quella percezione del reale, quel principio di fattibilità, che sempre dovrebbero ispirare l’azione dei politici. Si dirà che abbiamo assistito ad uno spettacolo inverecondo, che la politica ha dimostrato la sua incapacità di risolvere i problemi, si approfitterà dell’occasione per montare ancora di più quel sentimento populista antipolitico ch

L'insostenibile qualunquismo dei media

La stagione dei cinquestelle non è ancora passata. Sono passati i cinquestelle, ormai ridotti  “rari nantes in gurgite vasto” , sparpagliati e confusi nell’oceano dei grandi elettori, senza guida né idee, alla mercé di tentazioni “eversive” come quella di votare, con il vecchio mai dimenticato amore Salvini, un candidato di puro centrodestra, così, tanto per fare un dispetto a chi cerca la massima convergenza, giusto perché un ultimo colpo alla scatoletta di tonno si può ancora dare. Fenomeno politico finito, ormai solo più da seppellire, ma fenomeno sociale e mediatico niente affatto sconfitto. Anzi. L’antipolitica la fa ancora da padrona e il rito delle votazioni sembra fatto apposta per fomentare i peggiori istinti belluini di chi non riesce proprio a sopportare i meccanismi, certamente un po’ farraginosi ma con una Storia alle spalle, della politica parlamentare. E allora vai con titoloni, retroscena, lamentele, ironie, sarcasmi, social a manetta, tutto l’armamentario caro al qualu

Il rasoio

Ad essere troppo schematici si rischia di passare per semplicioni, ma vorrei lo stesso tentare un ragionamento “cartesiano”, molto diretto, rifacendomi anche a quel famoso  “rasoio di Occam” , che si propone proprio come strumento per affrontare situazioni complicate. Copio e incollo da Wikipedia: si tratta di  “un principio metodologico che, tra più ipotesi per la risoluzione di un problema, indica di scegliere, a parità di risultati, quella più semplice” . Mi chiedo quindi se sia più facile trovare: un sostituto di Mattarella, con caratteristiche accettabili per una buona parte del Parlamento, oppure un sostituto di Draghi a capo di un Governo di larghe intese, che dovrà comunque affrontare un anno molto difficile sia all’interno (pandemia, riforme, progetti per la ripresa, …) sia all’esterno (nuovo Patto di Stabilità europeo)? Nel primo caso tutto resterebbe com’è oggi (tranne Mattarella): il Governo, la maggioranza, anche le difficoltà finora riscontrate, amplificate dalle fibrilla