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Nucleare sì, nucleare no

Tra la guerra in Ucraina e il cambiamento climatico incombente, è naturale che la questione energetica si imponga in tutta la sua prorompente importanza. Ed è altrettanto naturale che si torni a parlare di “nucleare” come di un’opzione fondamentale per affrontare la doppia crisi in atto, a complemento delle fonti rinnovabili e come sostituzione delle fonti fossili. Purtroppo molto spesso se ne parla per partito preso, con taglio “ideologico” o persino propagandistico, come se il “nucleare (sì o no)” fosse riducibile ad uno slogan o fosse una bandiera da sventolare contro qualcosa o qualcuno. È invece un argomento di estrema valenza tecnica, tecnologica ed economica, e richiede lucidità e freddezza di giudizio. Senza alcuna presunzione ritengo perciò utile fare qualche precisazione a mio avviso importantissima per inquadrare il problema sotto la luce più realistica possibile. In altri articoli mi sono dilungato sui problemi enormi connessi con il nucleare civile tradizionale, quello d

Gli scemi

Stavolta invece ha proprio ragione, Michele Serra. Questa brutale aggressione del dittatore Putin nei confronti dell’Ucraina democratica avrebbe dovuto mettere in seria crisi tutte le destre del mondo occidentale, che con Putin hanno amoreggiato a lungo, e non solo per motivi commerciali o industriali (cosa peraltro in qualche modo necessaria e legittima), ma per una malcelata attrazione ideologica per il suo (e non solo suo) bizzarro concetto di “democrazia illiberale”, cosa che, a quelli dotati di medio buon senso, pare solo un modo subdolo per dire “dittatura”. Invece, come al solito, ad essere ferocemente spaccata come un melograno è la sinistra, specialmente in Italia. Sostiene Serra, un po’ scherzando e un po’ no, come  “nella sinistra italiana ci sia una forte dose di scemenza. Con noi sedicenti intellettuali al primo posto in graduatoria” . Difficile dargli torto, ma il passo successivo è chiedersi  perché  la sinistra, ed in particolare i suoi intellettuali, tra cui lui a buon

Il fantasma della libertà

In questi giorni tempestosi, mentre è in atto una guerra di cui facciamo ancora fatica a misurare la reale portata, è doveroso soffermarsi a considerare come la nostra cara democrazia occidentale, rappresentativa, liberale, keynesiana, stia attraversando una crisi profonda. Sembrava, nel secolo scorso, che quella con gli improbabili sistemi alternativi sorti nel Novecento fosse ormai una partita vinta con schiacciante superiorità ( “la fine della storia” ), e invece quel modello, teoricamente “vincente”, viene ancora ogni giorno cannoneggiato (anche letteralmente), senza che nello stesso mondo occidentale si manifestino chiari ed evidenti segni di riscossa, di rilancio, di riaffermazione (anzi qualcuno discute persino sull’opportunità che gli ucraini si difendano strenuamente dall’invasore russo …!). Intanto partiamo con il constatare che, su oltre sette miliardi di abitanti del pianeta, sì e no uno vive in sistemi decentemente democratici. Tutti gli altri ne sono sideralmente distanti

C'era una volta Torino ...

C’era una volta Torino … e fortunatamente c’è ancora! Tengo a precisarlo, visto che un lungo Dossier del TG2, sabato 9 aprile, ha impiegato quasi 50 minuti per descrivere l’agonia, o forse anche la morte, di Torino (chi non l’ha visto e non si fida può trovarlo qui ). Vorrei segnalare all’esimio Direttore Sangiuliano che invece  “Torino è viva e lotta insieme a noi!” Certo non è più quella degli anni Sessanta, né quella dei Settanta, e nemmeno quella dopo. Ovvio, no? È una città, e lo dico per diretta esperienza personale di uno che ci è arrivato dall’Abruzzo nel settembre 1970, a 18 anni, che davvero è cambiata, davvero ne ha viste di tutti i colori, nel bene ed anche nel male, ma che ( boia faus! ) è ancora qui, pronta a ripartire dopo il lungo e buio inverno a cinquestelle della sindaca Appendino. Che senso ha rimpiangere il tempo della Torino industriale dove la FIAT monopolizzava tutto? Che senso ha pensare che era meglio quando a Mirafiori c’erano 75.000 persone, stipate in una f

Endurance ...!

Dopo quasi ottant’anni da Hiroshima, questa crisi ucraina sta mettendo in luce il vero baco dell’era moderna, il punto debole di tutto il sistema, che è pure la chiave di volta di un precario equilibrio di forze. Debbo essere più chiaro … Da che esistono le armi atomiche con il loro mostruoso potere distruttivo, si è creato quello che con poca fantasia è sempre stato chiamato “equilibrio del terrore”, ovvero quell’equilibrio basato sulla “deterrenza”: sappiamo che quelle armi danno la possibilità di distruggere tutto, riteniamo ciò ovviamente non auspicabile da parte di nessuno, ergo, cerchiamo di non provocarci più di tanto l’un l’altro, perché sappiamo che fino in fondo non potremo mai andare, pena l’apocalisse globale. Ragionamento semplice, lineare e pure efficace, visto che per quasi ottant’anni ha permesso un equilibrio non proprio di pace, ma comunque stabile a sufficienza da tenere lontane le ipotesi di una guerra totale. Gli scontri non sono mancati, tanti, ma sempre con il fr

Facciamola finita!

  La farsesca epopea del Movimento 5 Stelle è durata troppo. Da oltre 10 anni questa inqualificabile e inclassificabile (loro ne facevano un punto di orgogliosa distinzione…) forza politica ha sistematicamente avvelenato la politica italiana, cavalcando tutti i possibili motivi di scontento della popolazione, in un continuo sforzo di demolizione del sistema politico, senza altra linea se non quella di seguire l’onda del momento, di soddisfare qualsiasi sentimento di rivalsa. Populismo allo stato puro. L’elenco delle loro battaglie è più lungo di quelle di Napoleone, fatto salvo che il Corso molte le vinceva e solo l’ultima gli fu fatale. Questi le hanno perse tutte, ottenendo solo confusione, spreco di soldi pubblici, infinite perdite di tempo, danni e discredito internazionali, sabotaggio di chi cercava di fare, loro malgrado. “Navigators”  con promoter pescato (e pagato) nel Mississippi, stop alle trivelle, no al gasdotto TAP, no al treno TAV, sì ai gilet gialli francesi, inceneritor

Il bersaglio

L’antiamericanismo è vecchio quasi quanto l’America. Gli inglesi si videro sfuggire una ricca colonia (… 13 colonie, come le strisce della bandiera  “stars and stripes” ), strappatagli di mano da un popolo di supposti bifolchi, la maggior parte reietti della società europea, che si erano emancipati al punto da ribellarsi e proclamare l’indipendenza degli Stati Uniti nel 1776 (4 luglio), sugellata con il Trattato di Parigi dopo una sanguinosa guerra durata 7 anni (1783). Era  la prima nazione al mondo basata su una democrazia liberale di stampo costituzionale  (cfr. Wikipedia), e da allora divenne il punto di riferimento per tutta la successiva storia europea, a partire dalla Rivoluzione Francese del 1789. Ne è passato del tempo, la Storia ci ha consegnato mille episodi, edificanti e meno edificanti, quelle 13 colonie sono diventate 50 Stati Uniti, una grande potenza economica, militare, tecnologica, culturale, perfino morale, anche se quest’ultima connotazione ha suscitato da sempre mo

Quanto dura un dittatore?

La domanda non sembri peregrina: è vero che tutto al mondo prima o poi passa e va, ma una dittatura certamente  “non è per sempre” , come un diamante. E per fortuna ...! D’altronde la Storia ci dimostra chiaramente che nell’era moderna, dopo le rivoluzioni liberali di fine Settecento, i regimi liberali sono risultati molto più stabili e duraturi rispetto ai regimi tirannici totalitari. Qualche Paese fortunato, come Stati Uniti, Regno Unito, Canada, non ha mai conosciuto regimi diversi dalla democrazia ma, come si suole dire,  “faber est suae quisque fortunae” . Molti altri, invece, hanno dovuto subire le traversie della Storia, spesso rendendosi più o meno complici del dittatore di turno. A partire dall’inizio dell’Ottocento, possiamo scorrere l’elenco delle principali dittature che si sono succedute (tante, troppe, e queste sono solo le più rilevanti). Bonaparte , giusto per cominciare dal primo dittatore dell’era moderna, durò solo 13 anni (1802-1815); suo nipote  Napoleone III  fu i

Piccoli flash

Piccoli e sparsi flash, all’inizio di una strana e crudele primavera … I filmati disponibili in rete (fortunatamente sono solo una dozzina di minuti …!) del finto matrimonio di  Silvio Berlusconi  con la finta sposa in bianco, di 54 anni più giovane, officiato sabato nella finta Università del Libero Pensiero, davanti ad un ristretto numero di intimi sodali, espongono un florilegio di pacchianate, di provincialismo, di vecchio cabarettismo che pensavamo fosse passato e sepolto, insieme alle cineprese Super8: un  jet set  da strapaese che ride e fa battute (e non ci sarebbe nulla di male …, ma che le espone, in questo preciso momento, come simbolo del proprio potere, ormai invecchiato e stinto). E pensare che c’era chi voleva farlo Presidente delle Repubblica… altro che banane! Il sorriso tirato e isterico di  Marco Travaglio , preso a pesci in faccia senza pietà, sotto lo sguardo preoccupato ed impotente della maitresse Gruber, da un altro simpaticone, stavolta nei panni del giustizier