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La sinistra schizofrenica

  Nei lunghissimi anni di forzata opposizione ai governi centrati sulla Democrazia Cristiana, ovvero gli anni del  fattore K  e della  conventio ad excludendum , il Partito Comunista Italiano sviluppò una notevole capacità di sfruttamento delle possibilità “interstiziali” di gestione del potere. Voleva dire infiltrare (favorire l’inserimento di …) persone di “area” dovunque fosse possibile (amministrazioni, telecomunicazioni, giornali, burocrazia, magistratura) per esercitare quel po’ di influenza e di potere che la situazione permetteva. Funzionò benone per molti anni. Nel 1970 la DC concesse la legge applicativa dell’ordinamento regionale previsto dalla Costituzione del 1948 e per la prima volta in quell’anno si votò per eleggere gli organi di governo delle Regioni. Questo significò per il PCI accedere direttamente, e finalmente, al governo, almeno nelle Regioni tradizionalmente “rosse” del Centro Italia, laddove Il PCI rappresentava, e rappresentò a lungo, una larga maggioranza degl

Sfidare la sorte

  Avvertenza: questo post è un po’ lungo. Chi si annoia può saltare al fondo … e poi tornare indietro … Sfidare la sorte è sempre pericoloso. E qui da noi l’abbiamo sfidata a lungo. Vediamo. Dopo la fine della cosiddetta Prima Repubblica, quella bloccata dalla Guerra Fredda, col  fattore K  (ovvero l’esclusione dei comunisti dal potere centrale) che cristallizzava maggioranze ed opposizioni, infine travolta da Tangentopoli, il Presidente della Repubblica ha dovuto sempre più assumere funzioni di supplenza di una classe politica fortemente screditata, tramortita, semismantellata dal micidiale uno-due che la Storia le aveva riservato: la caduta del Muro e la conseguente caduta dei partiti novecenteschi. Che si tratti di Seconda Repubblica o meno (la disputa non mi appassiona), dal 1992 in poi è cambiato tutto. Anche, e forse soprattutto, la funzione del Presidente. Un breve ripasso. Chiusa la tumultuosa avventura del “picconatore”  Francesco Cossiga , costretto alle dimissioni il 28 apri

Farsa Italia

  Come diceva il mio illustre conterraneo Ennio Flaiano:  “la situazione è grave, ma non è seria” . E come potrebbe esserlo? Si fa fatica a trovare un senso a quello che stiamo vivendo, nella quasi totale indifferenza generale. Manca un mese alle elezioni del Parlamento Europeo, quello di Bruxelles e Strasburgo, e praticamente, salvo una lodevole eccezione di cui parliamo dopo, nessuno si occupa dell’oggetto della votazione, cioè della Unione Europea e del suo futuro, ammesso che ne esista uno … Cosa c’è di serio in un candidato generale, omofobo e sbruffone, che sembra uscito da una  pochade  d’altri tempi (ricordate il colonnello Andreas Automatikos di  “Vogliamo i colonnelli” )? E cosa c’è di serio in una Premier col cappello da bersagliere, una che condannava sdegnata (quelli di destra sono sempre sdegnati, fateci caso, … anche Conte e il M5S, indubbi esponenti di destra, sempre sdegnati e vibranti di rabbia), condannava, dicevo, le  “mancette elettorali” , ma ora cerca di spacciar

Incubi e sogni

  Arriva il momento in cui bisogna alzare lo sguardo, cercare con insistenza la luna e trascurare le innumerevoli dita che la indicano da molto più in basso. La realtà è asfittica, il Governo farfuglia, si gloria di nulla, fa la vittima, cerca nemici da combattere a favore di telecamera, prova di tutto, e goffamente, per distogliere l’attenzione dalla marginalità nella quale ha fatto piombare il Paese. Le prodi gesta della dirigenza RAI che, per solerte piaggeria ed eccesso di zelo, gonfia dal nulla un odioso caso di censura, del ministro Urso che impedisce all’Alfa Romeo di chiamare  Milano  un’auto perché fatta in Polonia (come se la  Gran Torino  di Clint Eastwood fosse uscita da Mirafiori e non da Detroit), del cognato Lollobrigida che vuole il formaggio obbligatorio al ristorante, della  Premier-in-capo  che insegue le sue verità di comodo su un fantomatico non riscontrabile benessere del Paese, …, insomma tutto il personale politico è impegnato a far dimenticare che intanto abbia

Satira e sogni: chi non ricorda è perduto ...

  Non faccio mai promozioni, ma questa è un’eccezione che merita …. Come ricorderete, da pochi mesi è mancato un grande, ma grande davvero:  Sergio Staino da Scandicci, anarchico riformista . A caldo testimoniai così il legame che mi univa a lui: Sabato mattina ci ha lasciati Sergio Staino, 83 anni, una persona, un maestro, al quale ero fortemente legato e dalla cui amicizia ho tratto un grande arricchimento politico e culturale. Abbiamo litigato di brutto mille volte, ci siamo criticati e sfottuti (lui un gigante e io un nano …), ma il suo acume e la sua onestà intellettuale erano impareggiabili. Era riuscito a navigare indenne attraverso esperienze politiche mirabolanti e indescrivibili, dal marxismo-leninismo albanese a Tango ( “chi s’incazza è perduto!”  era il suo motto), fino al renzismo militante e poi dopo ad un anti-renzismo passionale e largamente irrazionale, passando attraverso decenni di tumultuosa evoluzione politica, creando linguaggi e personaggi che radiografavano gli

Giustizia è fatta ...

  Una società organizzata, qualunque sia la sua forma istituzionale, democratica o meno, non può fare a meno di chi amministra la giustizia. Perché c’è gente che commette reati e va scoperta, processata ed eventualmente condannata alla pena conseguente (giustizia penale) e c’è gente che litiga per qualcosa e ci vuole qualcuno che dirime le controversie, dispensando torti e ragioni (giustizia civile). Il compito è essenziale per la vita di ogni organizzazione sociale, che altrimenti sarebbe in balìa della sopraffazione dei più forti, dell’aleatorietà dei giudizi di ognuno. dell’arbitrio dei potenti. Ovviamente in una società illiberale è tutto semplice perché quello che conta è il volere dell’autocrate di turno, che dà indirizzi, detta regole, nomina giudici e investigatori, arrogandosi il diritto di giudicare e decidere per tutti. In una società democratica (uno Stato di diritto) le cose sono invece e per fortuna un po’ più complesse: si richiede che la giustizia sia amministrata nel r

La forza e la ragione

  Ma davvero dobbiamo adattarci a vivere nel caos totale? Davvero il mondo è destinato a sprofondare sempre più nella confusione e nella violenza? Davvero è impossibile auspicare un ordine globale ispirato al rispetto della dignità delle persone, dell’ambiente, orientato all’emancipazione dei popoli, al miglioramento delle condizioni di vita e del benessere di ognuno? Libertà, uguaglianza e solidarietà  sono principi assoluti, ma ormai abbiamo capito che la loro coniugazione non è affatto univoca. Non c’è e non ci può essere un unico modo di intendere l’organizzazione sociale. Ogni pezzo di mondo ha il diritto di elaborare le sue proprie modalità di convivenza e nessuno può e deve imporre i propri modelli a nessun altro. Ho spesso sostenuto che la democrazia, al contrario di quanto pelosamente sostenevano George W. Bush e Dick Cheney, non si esporta, che la democrazia si conquista e, per conquistarla, bisogna desiderarla, assumerla come obbiettivo, bisogna farsene una ragione di vita.

... a volte ritornano

  A vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età … (Francesco Guccini – Eskimo, 1978). Correva il 1978, che veniva dopo il 1977 del “movimento”, che veniva dopo il 1968 del Maggio Francese, insomma un periodo che oggi può sembrare lontanissimo, pur se ammantato da un’epica romantica. Chi oggi ha tra i settanta e gli ottant’anni (i maledetti  boomers  …) allora era  giovane davvero  e di  balle per la testa  ne aveva tante. C’era chi manifestava con il libretto rosso di Mao Zedong (allora si scriveva Tse Tung), chi inneggiava all’Albania di Enver Hoxha, chi analizzava pensoso l’esperienza di Pol Pot e dei Khmer Rossi in Cambogia (milioni di morti assassinati), chi riteneva l’URSS di Breznev un’involuzione controrivoluzionaria, chi si accontentava del romantico mito del Che, morto ammazzato da una decina d’anni. Patetiche infatuazioni per quanto di peggio la politica mondiale poteva offrire, come la Storia successiva non avrebbe mancato di dimostrare, oltre ogn

Un brutto discorso

  La guerra è sempre un brutto discorso. Pur essendo l’attività alla quale l’essere umano si è sempre dedicato con maggiore solerzia e puntualità, fin dalle sue lontanissime origini e ben prima che diventasse anche un’industria, alla guerra nessuno dovrebbe mai fare l’abitudine. Purtroppo intere aree del pianeta sono in guerra da sempre, decine o forse centinaia di milioni di persone non hanno mai conosciuto la pace nella loro vita, sono cresciute con la guerra, vivono in uno stato di guerra perenne. Sicuramente a loro sembrerà strana la pace … A noi no. Nel nostro mondo sono ormai pochi quelli che l’ultima guerra mondiale l’hanno vissuta per davvero, presenti e coscienti; tutti gli altri, me compreso, ne hanno solo sentito parlare e vi assicuro che per tutta, tutta la mia infanzia (sono del 1952), non ho sentito altri ricordi dalle persone che avevo intorno che non fossero ricordi, storie, aneddoti collegati alla guerra, anche se era ormai finita da ben quindici anni. D’altronde, allo