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Ancora sull'"area Draghi" e dintorni ...

La calunnia è un venticello un’auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente, incomincia, incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, sottovoce, sibilando, va scorrendo, va ronzando nell’orecchie della gente s’introduce, s’introduce destramente e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo, prende forza a poco a poco, vola già di loco in loco, sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta va fischiando, brontolando, e ti fa d’orror gelar. Alla fin trabocca e scoppia, si propaga, si raddoppia, e produce un’esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale che fa l’aria rimbombar. Chiedo scusa a Sterbini, a Beaumarchais, e pure a Gioachino Rossini, per la lunga citazione, ma questo vuole essere solo un auspicio. Non c’entra nulla la calunnia, ma c’entra il fatto che i meccanismi sociali di propagazione dei messaggi sono implacabili, nel bene e nel male, ogg

Orient Express

Non è un romanzo di Graham Greene, e nemmeno di Agatha Christie. Il treno blindato e schermato che parte da un binario ultra-protetto di una stazioncina al confine polacco e si addentra nella notte ucraina è suggestivo, evocativo, ma è pure assolutamente reale, concreto. Va verso oriente, anche se non è l’Orient Express. Impossibile comunque resistere alla tentazione di buttarla in letteratura. Tre uomini intorno ad un tavolone di noce, in una carrozza ferroviaria arredata in un vago stile liberty, vestiti informali e cartelline azzurre davanti, una selva di fotografi dietro gli obbiettivi, che non si vedono ma ci sono, come si presume un imponente apparato di sicurezza a protezione dei massimi capi dell’Europa. È un’Europa finalmente visibile, tangibile, racchiusa in un anacronistico espresso che procede, per oltre dieci ore, verso Oriente, verso Leopoli e poi Kyiv. Cosa c’è dietro a questa accuratissima preparazione di una missione che arriva dopo quasi quattro mesi di guerra e che n

Per cinque SI

Che tristezza vedere tanti maggiorenti (o supposti tali …) della sinistra (vera o sedicente) balbettare davanti alla semplicità dei quesiti referendari sulla giustizia! Giornalisti, intellettuali, parlamentari, segretari di partito, fulgidi professionisti, perfino conduttori televisivi e comici di professione, assumere le più strambe e variegate posizioni pur di non affrontare a viso aperto il quesito che i referendum (tutti e cinque, in blocco!) pongono. Non è difficile, non c’è nulla di astruso, malgrado la formulazione tecnica delle domande, che tanto nessuno legge e pochi possono decrittare dal punto di vista giuridico. La domanda, netta e tagliente come un rasoio, è: in questo Paese si può riformare la magistratura o no? Il popolo sovrano, direttamente o tramite i suoi rappresentanti, può avere voce in capitolo nell’organizzazione e nella gestione della magistratura, oppure essa è da considerarsi avulsa dalla società civile, totalmente autoreferenziale, del tutto inemendabile con

L'area Draghi

Finalmente se ne parla …! Finalmente ciò che è ovvio, che è sotto gli occhi di tutti, che è inevitabile, diventa argomento di dibattito politico, alla luce del sole. E indietro non si potrà tornare. Non c’è bisogno di essere raffinati analisti per constatare che l’attuale maggioranza di governo, uscita dalle fallimentari, catastrofiche gestioni Conte 1 e Conte 2, è una soluzione politica di emergenza, che qualcuno subisce a denti stretti e controvoglia e qualcun altro invece cerca di cavalcare intravedendo possibili prospettive future di riformismo. Certamente l’ineffabile Giuseppe Conte, roso dal rancore per avere perso un posto di premier, posto al quale era arrivato per chissà quale congiunzione astrale o di sub-politica (temo che non lo sapremo mai …) ed al quale mai e poi mai avrebbe rinunciato (ed infatti è servito il duro intervento di Mr. Wolf, di concerto col Presidente, per scalzarlo da Palazzo Chigi e mandarlo al banchetto della frutta, allestito lì davanti dal suo socio Cas

Il Mostro mostruoso

Se il libro di un uomo politico altamente impopolare come Matteo Renzi va in testa alle classifiche assolute dei libri più venduti, superando persino campioni della narrativa come Saviano e Carofiglio, un motivo ci deve pur essere … Sarà l’attrazione un po’ malata, tipica di molti italiani, per il retroscena (o meglio il pettegolezzo), per il complotto, per il non detto, per l’alone di mistero che circonda la vita politica, … sarà, ma questo libro non fornisce pettegolezzi né alimenta teorie di complotti misteriosi. Il libro elenca fatti, atti e dati che è impossibile derubricare a chiacchiere da bar. Il protagonista, il Mostro, racconta come è diventato tale agli occhi di tanti. Comunque la si pensi, questo Mostro non è un comprimario, un  “personaggetto” , ma è stato ed è un assoluto protagonista della politica italiana degli ultimi dieci anni. Che piaccia o non piaccia, da lui sono passate svolte e scelte che hanno segnato la storia recente di questo Paese, fin da quando si presentò

Caro Enrico, ti scrivo ...

Caro Enrico, so bene che scrivere a chi non c’è più può sembrare un logoro esercizio retorico, ma nel tuo caso è improprio dire che  “non ci sei più” . In occasione del centenario della tua nascita, appena trascorso. abbiamo potuto constatare quanto la tua sia una presenza ancora molto viva, che travalica i tuoi tanti estimatori politici e si allarga in un vero e proprio  “sentimento popolare” , che forse davvero  “nasce da meccaniche divine” . Certo, ci sono ventenni che balbettano (nel bel documentario di Walter Veltroni) indecisi se eri un mafioso o un magistrato, un politico (destra, sinistra, fa niente…) o un giornalista, ma è fuori dubbio che la tua figura abbia segnato e continui a segnare un mondo, un’epoca, una quindicina d’anni tra i più densi della nostra Repubblica. Anni in cui la nostra travagliata vicenda politica ha cercato di prendere una piega più congruente con la storia degli Stati Occidentali, democrazie aperte caratterizzate dall’alternanza dei partiti al potere, s

Il campione

Semplificare ad ogni costo le cose complesse, magari banalizzandole, è specialità di ogni populista che si rispetti (quindi non mia), ma a volte anche complicare i problemi, col solo scopo di renderne difficilissima la soluzione, è un’operazione da masochisti. A nessuno può sfuggire l’estrema delicatezza delle elezioni che si svolgeranno in Italia al massimo entro un anno da oggi. Dico al massimo, perché nella masochistica volontà di complicarsi la vita, qualcuno potrebbe ambire a chiudere la legislatura in anticipo e votare a ottobre, fregandosene della legge finanziaria, della situazione geopolitica, dei progetti del PNRR e di altre cosucce del genere, sperando di lucrare qualche decimo di mezzo punto sul suo più diretto concorrente che, badate bene!, non è quello dell’altro campo (destra o sinistra che sia), ma il più vicino potenziale concorrente. È un triste esercizio di alchimia elettorale, che ha già fornito innumerevoli dimostrazioni di alta letalità. Io credo che invece in pol

Il botulino

Nella mia precedente newsletter ho fatto un po' di ironia sulle contraddizioni che una parte della sedicente sinistra si trova a vivere in questo travagliato frangente. Forse ci sono riuscito, forse no. Vorrei però comunque mettervi a parte di un  sequel  del dibattito, che mi pare possegga una forza ed una chiarezza tali da renderlo ancora più efficace. Il mio amico e compagno Sergio Staino ha inteso riprendere il discorso, rivolgendo il testo che segue ad un ipotetico “compagno ed amico”, uno della “Pace Proibita”. Lo fa con un’onestà ed un’efficacia che vorrei poteste apprezzare, come ho fatto io. Caro A., come direbbe Amleto, ci sono più cose che ci uniscono tra cielo e terra di quanto entrambi si riesca ad immaginare. E’ un po’ troppo sommario e, quindi, superficiale, separarci ferreamente come generazioni: sia la mia che la tua, cioè quella dei miei figli, presentano al loro interno una miriade di letture e orientamenti diversi e una miriade di posizioni spesso profondamente

Al gran ballo della Pace Proibita

Dobbiamo essere grati al redivivo e sempre roboante Michele Santoro per averci organizzato, con un unico grande colpo da maestro, la Mostra dell’Antiquariato della sedicente sinistra “contro”, quella “vera”, originale, insostituibile. Sedicente perché se la cantano e se la suonano, fin da quando l’Unione Sovietica sopravvisse a Stalin e protrasse la sua agonia per altri quarant’anni, tra lo sconforto di decine di milioni di persone che furono costrette a subirne il giogo. Un campionario di relitti d’epoca, una specie di ritrovo di auto storiche e preziose rarità da collezione, una nostalgica Millemiglia della politica del Novecento, che ha raggruppato il fior fiore dell’inconcludenza nazionale, del fallimento storico, dell’intellighenzia rivoluzionaria. Da Fiorella Mannoia a Moni Ovadia, dalla turbo-filosofa Di Cesare al professore Montanari (il “Tomaso-con-una-emme-sola”), dalla sardina Cristallo alla proto-sardina Guzzanti, dall’ex-Sindaco guerrigliero De Magistris alla vicesindaca C