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La soluzione finale

  Immaginiamo di vivere in una di quelle villette a schiera che punteggiano (e ingombrano) i panorami di molte località italiane (e non solo). Vicini di qua, vicini di là, vicini avanti e vicini dietro: al massimo un giardinetto privato di pochi metri quadri. Immaginiamo che tutti, dico tutti, i vicini facciano di tutto, ma proprio di tutto, per mandarci via dalla nostra villetta ed appropriarsi della nostra proprietà, che ci considerino intrusi, e quindi ci gettino l’immondizia nel giardino, ci aizzino contro cani, gatti ed altri animali, si introducano nottetempo per farci danni, aggrediscano qualche familiare, o anche peggio, con il dichiarato obbiettivo di farci sloggiare da lì, per mandarci il più lontano possibile. Noi ovviamente reagiamo, cerchiamo di contrastare gli aggressori, ma la nostra vita sarebbe comunque un inferno, immersa in un conflitto perenne ad intensità crescente, anche se nel frattempo qualche nostro amico ci fornisse sì materiale per difenderci ed anche per off

Il Centro, ancora ... è tempo di migrare

  Lo so, sono noioso e ripetitivo, ma resta sul tappeto la questione del Centro ... Un’Araba Fenice, una chimera, un luogo dell’anima, una dannazione, un mito, … “Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare” . Settembre, andiamo. Si rimescolano le carte, per l’ennesima volta, e tutti i malati di politica cercano un nuovo senso per quello che succede. Gli altri, giustamente, pensano ad altro: e non manca la materia … Adesso c’è chi dice che il Centro è morto, che non c’è spazio al Centro, che  “o di qua o di là” , che era così evidente …, che  “tertium non datur” , come nella migliore tradizione aristotelica. E invece no. Qui si confonde l’offerta politica con la domanda, la composizione dell’elettorato con la struttura dei partiti politici che dovrebbero interpretarlo, intercettandone i bisogni. Le famose “praterie” al Centro ci sono per davvero, le elezioni si vincono per davvero al Centro, è sempre stato così e così sempre sarà nelle democrazie comp

Sete di giustizia ...

  La signora (si fa per dire …) di Viareggio che con il SUV ha schiacciato uno scippatore contro una vetrina, come una mosca fastidiosa, per riprendersi la borsa rubata, e poi se ne è andata senza neanche degnare di uno sguardo il malcapitato moribondo (che infatti di lì a poco è morto davvero) non è purtroppo un caso isolato di follia vendicativa. Le cronache sono da anni piene di giustizieri fai-da-te, che godono peraltro dell’appoggio esplicito, e anzi del favore, di una parte non piccola del nostro sgangherato quadro politico e anche della cittadinanza che ad essa fa riferimento. Tabaccai, gioiellieri, gestori di pompe di carburante, comuni cittadini, per carità qualcuno davvero esposto più di altri alla piccola delinquenza, hanno riempito le cronache di gesti a volte efferati di ritorsione contro delinquenti che avevano aggredito loro e/o i loro beni. Hanno certamente reagito ad una offesa recatagli da un violento, sul quale si è scaricata la loro reazione, in modo spesso sproposi

Per chi ancora sogna di riformare l'Italia .

  Quando Matteo Renzi, più di una dozzina di anni fa, piombò nel quadro politico nazionale, lo fece cercando di scalare il Partito Democratico, ovvero il partito più grosso, certamente egemone, del centrosinistra. Il PD (in quel periodo era Segretario Pier Luigi Bersani e il berlusconismo volgeva ormai alla fine) non attraversava uno dei suoi momenti migliori: si era liberato in fretta del suo fondatore Walter Veltroni, reo di avere preso la miseria del 35% (!!) alla prima elezione utile, nel 2008 e, dopo qualche vicissitudine, si era affidato al tenutario della famosa Ditta, costituita da impenitenti ex-comunisti e solidi ex-democristiani. In quel frangente Renzi non propose di costruire un nuovo Partito, moderato e riformista, centrista, come si direbbe adesso. No, scalò il partito principale del centrosinistra. Neppure gli andò bene subito ma, complice la disastrosa gestione delle elezioni del 2013 da parte di Bersani, a fine di quell’anno riuscì a diventare Segretario, pressoché a

Il riflusso

  È già successo. Chi c’era non può averlo dimenticato. Gli anni Settanta del secolo scorso (compreso il micidiale 1980) si chiusero in un’orgia di politica, di scontri sociali, di estremizzazioni, di terrorismo e violenze di ogni colore, di lotte più o meno utili, ma persino di riforme epocali, come divorzio, aborto, diritto di famiglia, servizio sanitario, legge Basaglia, e tante altre ancora. Il compromesso storico, prova di estremo equilibrismo politico e istituzionale, era naufragato in via Fani prima ed in via Caetani, 90 giorni dopo. La Renault R4 rossa (allora ne avevo una uguale…), col portellone aperto ed il corpo di Moro oscenamente esibito al mondo, ci era penetrata nell’anima e non ne sarebbe più uscita. Per oltre un decennio, tutto era sembrato immerso nella politica, tutto era stato politica, anche il “personale”. I rapporti umani erano cambiati definitivamente, un nuovo modello di società si era affermato. Le tante fantasticherie pseudo politiche avevano mostrato tutta

Il riformista

  Dura la vita del riformista! Dura e scomoda. Il riformista sa che se non ti applichi ad aggiornare continuamente i meccanismi della società, il tempo fatalmente ti scavalca e ti rende presto inadeguato. Il riformista non si accontenta mai: raggiunto un risultato, vuole subito ottenere il passo successivo. Il riformista è sempre inquieto: sa che le riforme, anche quando le hai fatte, sono sempre a rischio, sa che puoi fare un passo avanti e due indietro. Per questo spesso è anche apprensivo. Il riformista quasi sempre è malvisto: soprattutto da quelli che temono i cambiamenti, sia per propensione psicologica alla conservazione, sia per qualche bieco interesse privato al mantenimento dello  status quo . Il riformista è antipatico: non ama la tranquillità e mette in agitazione chi gli si trova attorno, che semmai preferirebbe un pacioso quieto vivere. Il riformista è impaziente: crede che tutto sia migliorabile e non è disposto ad attendere più di tanto. Se vede un pertugio, ci si infil

Lettera al Direttore de “Il Riformista“: ruolo e funzione di Matteo Renzi.

  Chissà se l’attuale Direttore de “Il Riformista” Claudio Velardi, da qualche giorno impegnato in una estemporanea e poco originale campagna di demolizione dell’ex-Direttore dello stesso “Il Riformista” Senatore Matteo Renzi, troverà lo spazio per ospitare anche un’opinione eccentrica? Di campagne di demolizione del suddetto Senatore sono pieni gli archivi, da ben oltre un decennio. Lo stesso peraltro pare nient’affatto demolito e pare altresì che continui a godere di ottima salute, non solo, ma a fornire a getto continuo materiale di discussione politica a tutto l’asfittico scenario italiano. L’Uomo è vulcanico, spesso imprevedibile, quasi sempre spiazzante. Ma dovremmo ormai avere anche imparato a capire che difficilmente parla  “a schiovere” , come dicono a Napoli. Capita talvolta di non riuscire a cogliere tutti i passaggi dei suoi solitamente velocissimi ragionamenti. In quei casi la prima reazione istintiva è quella di mandarlo a stendere con un  “e che c***o, stavolta esagera,

Il Leader ...

  Claudio Velardi, un sincero democratico, ha scritto su  “Il Riformista” : “sono stato rapito dalla sua reazione immediata, animalesca e feroce all’attentato, con quel rimettersi in piedi dopo pochi secondi dallo sparo per chiamare il suo popolo al  combattimento , pugno levato in aria in segno di sfida alla vita e al mondo intero. E mi sono chiesto come si sarebbero comportati in una situazione analoga i governanti azzimati e smarriti che popolano l’Occidente e l’Europa in particolare. Piaccia o no, cari i miei amici educati e per bene,  Donald Trump  è un leader, tutti gli altri sono pallidi figuranti.” Perbacco, proprio folgorato sulle strade della Pennsylvania …! Evidentemente la voglia di riconoscere un leader prevale sui contenuti di cui è portatore. Sarò  “azzimato”  anch’io, ma a me quell’immagine ha fatto semplicemente paura: un animale ferito (solo di striscio, per fortuna!), che aizza il branco alla lotta, come fosse quella l’unica ragione di vita. Mi ha ricordato le scene

Lettera al Direttore de "Il Riformista": ruolo e funzione dei riformisti

  Egregio Direttore Velardi, mi permetto di dire la mia sulla situazione dei riformisti in Italia, alla luce dei recenti clamorosi fallimenti del Terzo Polo prima e della lista Stati Uniti d’Europa poi. Si è trattato di un “uno-due” micidiale, che ci ha tramortiti ma non messi KO, che però ci costringe a parlare con estrema franchezza, cercando (e non è facile) di non cedere ai personalismi ed all’umoralità. L’alternativa di cui si dibatte, almeno dal lato di Italia Viva (da altre parti non vedo ancora dibattiti …), parrebbe essere quella tra una ricostruzione testarda del Terzo Polo, con altro nome, ma con l’obbiettivo di costituire una forza terza tra i due campi esistenti, e la costituzione di quella che Renzi ha chiamato Margherita 2.0, per avviare un rapporto più organico con il PD di Elly Schlein, che pare finalmente avere dismesso la politica dei veti di lettiana memoria, politica che  “infiniti addusse lutti agli Achei”  (e non solo agli Achei …). A me pare francamente un’alter

Il centro di gravità permanente ...

  Ho scritto più volte che la democrazia è irrimediabilmente duale: anche quando non sembra, alla fine di tutto restano una maggioranza ed una minoranza, un governo e un’opposizione. Non importa quanto tortuosa e lunga sia la strada per arrivarci, quali sistemi elettorali, quali coalizioni, quali strutture istituzionali ma, se il sistema è sano e non è infettato dai germi dell’autoritarismo, la conclusione è quella: due parti opposte che si confrontano dialetticamente, più o meno civilmente, ma alla fine irriducibili. Ogni tanto, eventualmente, si possono anche ritrovare su provvedimenti bipartisan, ma NON è la regola. E meno male che è così, perché quella dialettica è garanzia di libertà per tutti e perché altrimenti si stabilirebbe un sistema senza controlli che sfocerebbe, prima o poi, nella dittatura, ovvero nella negazione della democrazia. Riparto da queste considerazioni a valle della tornata elettorale francese, che si è conclusa con una parte certamente sconfitta (la destra di