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God help America! (e non solo ...)

  Comunque vada, saranno poche migliaia di cittadini americani residenti nei cosiddetti  swing States  a decidere le sorti della Presidenza USA, e di conseguenza anche del mondo, di tutto il mondo. Non è la prima volta: nel 2000 poche centinaia di voti della Florida furono decisivi per la sconfitta di Al Gore e per la vittoria di George W. Bush e Dick Cheney (che era la vera testa pensante …). Ne consegui la seconda guerra del Golfo, l’Afghanistan, Al Qaeda, Daesh, e tutte le tragiche propaggini del terrorismo islamico. Con Al Gore Presidente la Storia sarebbe stata diversa, migliore o peggiore non è dato saperlo, ma certamente diversa … Nel 2016 Hillary Clinton stravinse nel voto popolare (3 milioni di voti in più) ma perse la Casa Bianca sempre a causa di pochissime migliaia di elettori (in Michigan e Pennsylvania), che permisero a Donald Trump di vincere contro ogni previsione. A volte la Storia può svoltare in modo anche deciso per mano di pochi anonimi (e ignari) cittadini, in per

Allonsanfan!

  “Siamo sicuri di aver capito bene cosa sta succedendo nel mondo?” Domanda forse sciocca, ma comunque un poco imbarazzante. Forse esagero, forse no. Sarà che l’età ( ingravescente aetate … ) mi permette di ragionare su un lasso di tempo di vita piuttosto lungo, sarà che la stessa età porta a riflessioni a volte cupe ed oscure, ma la domanda, una volta posta, richiede una risposta, possibilmente meditata e non frettolosa. Il Novecento è finito da un pezzo, siamo quasi ad un quarto del secolo XXI (è persino difficile nominarlo: cosa viene dopo il Novecento? Il Duemila è un millennio, non un secolo …), e l’eredità del secolo precedente pare perseguitarci: sicuro che sia finito per davvero? Da una parte ci troviamo a fare i conti con situazioni e problematiche vecchie di oltre cent’anni, dall’altra ci pare evidente che tutto è cambiato, e pure di tanto. A distanza di un secolo, vediamo potenti le stesse tentazioni autoritarie che portarono al fascismo, al nazismo, allo stalinismo ed alla

Tempo di addii … tempo di riflusso?

  Dopo la disastrosa e traumatica esperienza delle elezioni europee, l’area del cosiddetto Centro riformista è entrata in una fase magmatica di ripensamento, confusione, riflessione, resa dei conti, …, insomma una specie di valle di Giosafatte dove tutti i peccati vengono squadernati, nella speranza della loro remissione. La sconfitta ha avuto ripercussioni in tutta l’area del centrosinistra e zone limitrofe (vedi le convulsioni isteriche di Giuseppe Conte): si è innescato un processo la cui conclusione è di là da venire. Sono giorni che, io come altri, ricevo messaggi di persone che salutano e se ne vanno. Non  “scendono all’Adriatico selvaggio” , come i pastori dannunziani, ma semplicemente si ritirano dalla attività politica e si mettono in modalità  “attesa di tempi migliori” . “Restiamo amici come prima, però io sono stufo …” . A quasi tutti ho scritto parole di speranza e di ottimismo, dando forse l’immagine patetica dell’orchestrina che continuava a suonare il suo repertorio di

La soluzione finale

  Immaginiamo di vivere in una di quelle villette a schiera che punteggiano (e ingombrano) i panorami di molte località italiane (e non solo). Vicini di qua, vicini di là, vicini avanti e vicini dietro: al massimo un giardinetto privato di pochi metri quadri. Immaginiamo che tutti, dico tutti, i vicini facciano di tutto, ma proprio di tutto, per mandarci via dalla nostra villetta ed appropriarsi della nostra proprietà, che ci considerino intrusi, e quindi ci gettino l’immondizia nel giardino, ci aizzino contro cani, gatti ed altri animali, si introducano nottetempo per farci danni, aggrediscano qualche familiare, o anche peggio, con il dichiarato obbiettivo di farci sloggiare da lì, per mandarci il più lontano possibile. Noi ovviamente reagiamo, cerchiamo di contrastare gli aggressori, ma la nostra vita sarebbe comunque un inferno, immersa in un conflitto perenne ad intensità crescente, anche se nel frattempo qualche nostro amico ci fornisse sì materiale per difenderci ed anche per off

Il Centro, ancora ... è tempo di migrare

  Lo so, sono noioso e ripetitivo, ma resta sul tappeto la questione del Centro ... Un’Araba Fenice, una chimera, un luogo dell’anima, una dannazione, un mito, … “Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare” . Settembre, andiamo. Si rimescolano le carte, per l’ennesima volta, e tutti i malati di politica cercano un nuovo senso per quello che succede. Gli altri, giustamente, pensano ad altro: e non manca la materia … Adesso c’è chi dice che il Centro è morto, che non c’è spazio al Centro, che  “o di qua o di là” , che era così evidente …, che  “tertium non datur” , come nella migliore tradizione aristotelica. E invece no. Qui si confonde l’offerta politica con la domanda, la composizione dell’elettorato con la struttura dei partiti politici che dovrebbero interpretarlo, intercettandone i bisogni. Le famose “praterie” al Centro ci sono per davvero, le elezioni si vincono per davvero al Centro, è sempre stato così e così sempre sarà nelle democrazie comp

Sete di giustizia ...

  La signora (si fa per dire …) di Viareggio che con il SUV ha schiacciato uno scippatore contro una vetrina, come una mosca fastidiosa, per riprendersi la borsa rubata, e poi se ne è andata senza neanche degnare di uno sguardo il malcapitato moribondo (che infatti di lì a poco è morto davvero) non è purtroppo un caso isolato di follia vendicativa. Le cronache sono da anni piene di giustizieri fai-da-te, che godono peraltro dell’appoggio esplicito, e anzi del favore, di una parte non piccola del nostro sgangherato quadro politico e anche della cittadinanza che ad essa fa riferimento. Tabaccai, gioiellieri, gestori di pompe di carburante, comuni cittadini, per carità qualcuno davvero esposto più di altri alla piccola delinquenza, hanno riempito le cronache di gesti a volte efferati di ritorsione contro delinquenti che avevano aggredito loro e/o i loro beni. Hanno certamente reagito ad una offesa recatagli da un violento, sul quale si è scaricata la loro reazione, in modo spesso sproposi

Per chi ancora sogna di riformare l'Italia .

  Quando Matteo Renzi, più di una dozzina di anni fa, piombò nel quadro politico nazionale, lo fece cercando di scalare il Partito Democratico, ovvero il partito più grosso, certamente egemone, del centrosinistra. Il PD (in quel periodo era Segretario Pier Luigi Bersani e il berlusconismo volgeva ormai alla fine) non attraversava uno dei suoi momenti migliori: si era liberato in fretta del suo fondatore Walter Veltroni, reo di avere preso la miseria del 35% (!!) alla prima elezione utile, nel 2008 e, dopo qualche vicissitudine, si era affidato al tenutario della famosa Ditta, costituita da impenitenti ex-comunisti e solidi ex-democristiani. In quel frangente Renzi non propose di costruire un nuovo Partito, moderato e riformista, centrista, come si direbbe adesso. No, scalò il partito principale del centrosinistra. Neppure gli andò bene subito ma, complice la disastrosa gestione delle elezioni del 2013 da parte di Bersani, a fine di quell’anno riuscì a diventare Segretario, pressoché a

Il riflusso

  È già successo. Chi c’era non può averlo dimenticato. Gli anni Settanta del secolo scorso (compreso il micidiale 1980) si chiusero in un’orgia di politica, di scontri sociali, di estremizzazioni, di terrorismo e violenze di ogni colore, di lotte più o meno utili, ma persino di riforme epocali, come divorzio, aborto, diritto di famiglia, servizio sanitario, legge Basaglia, e tante altre ancora. Il compromesso storico, prova di estremo equilibrismo politico e istituzionale, era naufragato in via Fani prima ed in via Caetani, 90 giorni dopo. La Renault R4 rossa (allora ne avevo una uguale…), col portellone aperto ed il corpo di Moro oscenamente esibito al mondo, ci era penetrata nell’anima e non ne sarebbe più uscita. Per oltre un decennio, tutto era sembrato immerso nella politica, tutto era stato politica, anche il “personale”. I rapporti umani erano cambiati definitivamente, un nuovo modello di società si era affermato. Le tante fantasticherie pseudo politiche avevano mostrato tutta

Il riformista

  Dura la vita del riformista! Dura e scomoda. Il riformista sa che se non ti applichi ad aggiornare continuamente i meccanismi della società, il tempo fatalmente ti scavalca e ti rende presto inadeguato. Il riformista non si accontenta mai: raggiunto un risultato, vuole subito ottenere il passo successivo. Il riformista è sempre inquieto: sa che le riforme, anche quando le hai fatte, sono sempre a rischio, sa che puoi fare un passo avanti e due indietro. Per questo spesso è anche apprensivo. Il riformista quasi sempre è malvisto: soprattutto da quelli che temono i cambiamenti, sia per propensione psicologica alla conservazione, sia per qualche bieco interesse privato al mantenimento dello  status quo . Il riformista è antipatico: non ama la tranquillità e mette in agitazione chi gli si trova attorno, che semmai preferirebbe un pacioso quieto vivere. Il riformista è impaziente: crede che tutto sia migliorabile e non è disposto ad attendere più di tanto. Se vede un pertugio, ci si infil