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Ci salverà il "mercato"?

Fino a prova contraria, viviamo in una  “economia di libero mercato” . Con tutte le cautele del caso,  “libero mercato”  significa “libero mercato” e, se pure non fosse proprio libero libero, almeno così tenderebbe ad essere. Ha regole, limiti, trattati, consuetudini, anche tensioni e difficoltà, ma è sostanzialmente “libero”, nel senso che è basato su domanda e offerta, che gli scambi non sono osteggiati ma favoriti, che se ne prevede la reciprocità, che ci si fa liberamente concorrenza, che insomma NON sia come nel film (già ricordato) di Troisi e Benigni, dove si doveva pagare “un fiorino” ogni volta che si passava davanti al doganiere. Quella scena a suo tempo (1984) fece molto ridere, proprio perché rappresentava un assurdo palese, una caricatura paradossale di una società ancora legata alla legge del più forte. Oggi invece c’è ben poco da ridere. È arrivato un signore alla Casa Bianca, dall’aspetto improbabile e dai modi molto poco urbani, che ha deciso di usare la ...

La fede e la ragione: game over?

  Fra le tante notizie da cui siamo “raggiunti” quotidianamente (eviterei il termine “bombardati”, perché c’è tanta gente al mondo su cui le bombe purtroppo stanno continuando a cadere per davvero …), quella di un Papa laureato in matematica, oltre che in teologia, è troppo singolare per non ragionarci su: l’hanno già fatto in tanti in questi giorni, però … Un sacerdote, diventato addirittura Papa, vocato anche in discipline scientifiche (la matematica è il linguaggio della scienza), dimostra senza dubbio una particolare apertura mentale, non fosse altro perché testimonia interesse per aspetti che attengono alla pura razionalità la quale, richiedendo sempre e solo dimostrazioni logiche, è ben altro rispetto alla fede, che non ne prevede, per definizione. Sul rapporto tra fede e ragione sono state scritte intere biblioteche, e questo dimostra comunque che esse perlomeno non sono affatto incompatibili: sono entrambe manifestazioni del pensiero umano e quindi possono completarsi a vic...

La domanda e l'offerta

È successo anche in Romania, dopo Francia, Canada, Australia, confidiamo succeda presto anche in Polonia … non può essere un caso. Quando i cittadini di Stati democratici si trovano davanti la concreta possibilità di finire sotto regimi con tendenze autocratiche, ispirati a Paesi non importa se già apertamente dittatoriali (la Russia di Putin) oppure aspiranti tali (gli USA di Trump), finisce che scatta un allarme, che porta masse consistenti di persone alle urne a votare l’alternativa democratica, anche se fino al giorno prima questa era data per sicura perdente. In Romania domenica scorsa si sono presentati ai seggi oltre due milioni di elettori (l’11% in più di affluenza) che avevano disertato il primo turno, dal quale il candidato filorusso era uscito vittorioso. Di fronte ad una minaccia alla democrazia, quelle persone hanno preso in mano la matita e hanno votato il candidato europeista, malgrado fosse dato per sicuro perdente, portandolo ad una imprevista e consistente vittoria. ...

Non è di tutti ...!

  Il 25 Aprile non è la festa di tutti. Il 25 Aprile è la Festa della Liberazione e chi si libera, si libera da qualcuno che lo opprime. Nel nostro caso, fu la liberazione dai nazifascisti, ovvero dai tedeschi che occupavano ancora il nord dell’Italia, e dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana, detta di Salò, fondata e presieduta (almeno sulla carta) da Benito Mussolini, fuggito da Campo Imperatore, sul Gran Sasso, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Il 25 Aprile 1945 l’Italia fu definitivamente liberata per opera delle truppe anglo-americane, con il fondamentale contributo dei partigiani della Resistenza. La Liberazione segnò la fine della lunga guerra fascista e della conseguente guerra civile, avviando il processo di trasformazione del Paese, che portò al referendum del 2 giugno 1946, all’Assemblea Costituente ed infine alla promulgazione della Costituzione della Repubblica, il 1^ gennaio 1948. È evidente che questo processo fu promosso da chi aveva vinto; chi aveva ...

Ibis redibis non morieris ...

  Se l’è cavata … La “corte” presidenziale di famigli, corifei e compagnia osannante, ha sancito l’indiscutibile successo della missione americana e il popolo tutto può tirare un sospirone di sollievo, ora che l’impavida Presidente ha superato la prova nella tana dell’orco ed è rientrata alla base indenne. Basta accontentarsi … Come largamente previsto, il risultato “storico” di tanto sforzo diplomatico è rintracciabile in una vaga promessa di un viaggio a Roma (ché a Roma c’è pure il Papa …) per incontrare, forse, prima o poi, i  leader  della Unione Europea (quelli veri …, ammesso che ce ne siano). Per il resto, tutto come prima. Solo qualche foto in più per l’album dei ricordi. Meloni ha omaggiato il suo nuovo autocrate di fiducia, perché meno male ora ce ne abbiamo anche uno bello grosso in Occidente, e quindi possiamo tenere in secondo piano quello originale d’Oriente, lo Zar di tutte le Russie, quello per il quale Meloni e il suo sodale Salvini, in mancanza di alter...

Giorgia goes to Washington ...

  Se Giorgia Meloni fosse una donna avveduta (e non è per nulla detto che non lo sia), avrebbe già dovuto capire che il suo bagaglio culturale, i suoi riferimenti storici, le sue pregresse esperienze politiche, varie e prolungate, seppur sempre in ruoli minori o ancillari, e soprattutto la gente di cui si circonda, non sono affatto sufficienti a governare un Paese fondatore della UE, un Paese tra i primi dieci al mondo per produzione e commercio, un Paese che, per quanto pieno di problemi e inefficienze, ha (ancora) un peso considerevole nel quadro politico internazionale. Soprattutto se quel Paese si inquadra nel gruppo di Stati che ambisce a guidare l’Unione Europea, ammesso che quest’ultima prenda coscienza del suo ruolo e cominci a farlo pesare. Quello nel gruppo di testa della UE è un posto che ci ha dato la Storia, che nessuno può cancellare, salvo volerlo auto-cancellare, decidendo di relegarsi in un cantuccio culturale e politico. Meloni dovrebbe avere ormai capito che un c...

L'America

  Perché, in soli 250 anni, gli Stati Uniti d’America sono diventati così importanti, così influenti, spesso così straripanti, non solo nel mondo occidentale ma in tutto l’ orbe terracqueo , come dice la nostra immaginifica Presidente del Consiglio? Quali caratteristiche hanno reso quella società, quel sistema economico, quello stile di vita, così peculiari, e così dominanti, tanto da renderli un punto di riferimento imprescindibile, sia per gli amici che per i nemici? Dopotutto si tratta di soli 340 milioni di persone, in un continente che dispone sì di molte risorse naturali, ma che da sole non bastano a spiegare tutto il fenomeno. Altri Paesi sono anche più dotati di ricchezze, sono più popolosi, hanno ricche tradizioni, ma nessuno in così poco tempo ha raggiunto, e mantenuto finora, la posizione che occupano gli USA. L’America in fin dei conti è stata scoperta dagli europei solo nel 1492, cinquecento e spiccioli anni fa. A lungo è stata trattata come una qualsiasi colonia dalle...

L'ora più buia

Qualche anno fa ci ritrovammo all’improvviso tutti esperti di immunologia, discettavamo di epidemie e di vaccini come vecchi cattedratici in pensione, impartivamo con severità patenti e giudizi ai virologi, immunologi, biologi, che avevano invaso le nostre televisioni nelle interminabili giornate di  lockdown . Sembrava che nessuno avesse fatto altro nella vita se non osservare vetrini al microscopio, alla ricerca di virus, antivirus, vaccini, RNA messaggeri e simili piccolezze (nel vero senso …). Fortunatamente, c’era chi invece esperto lo era veramente e, mentre noi ci dedicavamo al cazzeggio epidemiologico, davvero inventava, sperimentava, produceva, e infine diffondeva i miliardi di dosi che ci hanno fatto superare, in tempi molto brevi (rispetto alle esperienze passate), una crisi che avrebbe potuto mettere in ginocchio tutta l’umanità. Per fortuna o, meglio, per merito esclusivo della scienza, c’è anche un mondo di adulti, che lavora seriamente e non si perde in chiacchiere. ...

L'influencer

  La lettura dell’ultimo libro di Matteo Renzi  “L’influencer”  è un’esperienza molto forte, comunque la si pensi sul suo autore: ben lungi dall’essere un libro di propaganda politica, esso elenca con minuzioso dettaglio tutta una pressoché infinita serie di “prodezze” della Presidente Meloni, fin dai primi anni della sua esperienza politica, esperienza proprio per niente riconducibile a quella di un  “underdog” , così cara alla propaganda di famiglia. Tutta la sua narrazione viene smontata minuziosamente e confutata nel dettaglio con dovizia di particolari e c’è da giurare che, come per tutti gli altri libri di Renzi, nessuno proverà a portarlo in Tribunale per contestare checché di quanto scritto. Ci si può chiedere allora se questo libro servirà a far scendere la Presidente da un piedistallo sul quale è stata collocata, dai suoi sodali ovviamente, ma con la collaborazione fattiva e piuttosto efficace anche dei suoi oppositori, che ancora oggi continuano a propalar...